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Valter Nerozzi, ucciso dall’amianto


Bologna, 21 gen. – E’ morto Valter Nerozzi, tecnico delle Officine Grandi riparazioni di Bologna. Nell’ottobre del 2012 scoprì di avere un mesotelioma pleurico, tumore maligno causato dall’esposizione alle fibre di amianto. Per quanto possibile, ricordano i colleghi, ha continuato a lavorare fino all’ultimo. Nell’aprile del 2013 era con i suoi colleghi di fronte a Sala Borsa, per commemorare la giornata mondiale delle vittime dell’amianto. “Faccio fatica a salire le scale ma non sto poi tanto male”, raccontò di fronte ad un caffè. Valter aveva già affrontatato tre cicli di chemioterapia e doveva essere operato. La sua speranza era quella di aver scoperto la malattia in tempo, e potere così affrontarla con qualche chance in più. E’ morto in un hospice domenica 19 gennaio, a poco più di anno dalla diagnosi. Una tempistica classica per il mesotelioma, che lascia in media 12 mesi di vita dal momento della diagnosi. Era nato il 7 gennaio 1949. Fu assunto nelle Ogr il primo settembre 1977. Aveva 65 anni.

Nerozzi va ad aggiungersi ai 200 operai e tecnici che negli ultimi 30 anni hanno perso la vita a causa dell’amianto presente nei treni che venivano riparati nelle Ogr di Bologna. Guidò una squadra di 10 operai tra il 1976 e il 1980 nel reparto dei lamierai delle Officine.  Di quei 10 uomini oggi ne rimangono in vita sette. Gli altri sono stati uccisi dal mesotelioma. Salvatore Fais, rsu Cgil delle Ogr, ricorda il suo collega e amico. “Gli ultimi giorni li ha passati abbandonato – racconta Fais – Non c’è uno sportello unico a cui rivolgersi in caso di mesotelioma, e ognuno è costretto a fare da sè”. Oggi, spiega Fais, sono sette i lavoratori Ogr (o ex lavoratori)  che stanno lottando contro il mesotelioma pleurico.

Nella foto qui sotto Valter Nerozzi nell’aprile 2013.

Il dottor Vito Totire dell’Associazione Italiana Esposti Amianto chiede da tempo alla Regione Emilia Romagna di approvare un provvedimento sul modello di quello già applicato in Friuli dal 2001. “Se si parla di mesotelioma c’è poco da fare in termini di prevenzione e diagnosi precoce. Però serve con urgenza un registro delle esposizioni professionali e ambientali che aiuterebbe nella diagnosi precoce del tumore polmonare e altri tipi di tumori legati all’amianto. Bisogna creare una banca dati alimentata attraverso gli archivi di Ausl, Inail, Inps e Patronati, e le segnalazioni di chi è stato esposto all’amianto per ragioni ambientali o occupazionali. In relazione all’esposizione si attivano programmi di monitoraggio appropriati. Da tempo lo chiediamo alla Regione ma senza risultati”. L’idea, sostenuta non solo dall’Associazione Esposti Amianto ma anche dalle rsu Cgil delle Ogr, è quella di istituire un efficace sportello unico per accogliere i malati di tumore dovuto all’amianto che sia in grado di orientare e seguire le persone nel decorso clinico, ma anche di progettare interventi preventivi di monitoraggio e controllo.

La situazione alle Officine Grandi Riparazioni di Bologna  – Oggi alle Ogr la situazione lavorativa per operai e tenici è migliorata, conosciuta e monitorata da sindacati e azienda, l’ambiente è stato sostanzialmente bonificato e non c’è più l’esposizione all’amianto polverizzato dei decenni passati che ha causato e continuerà a causare morti. Il picco dei decessi, vista l’elevata latenza temporale del mesotelioma (tra i 15 e i 40 anni), si prevede infatti attorno al 2025. Ci sono però ancora alcuni problemi. “Con particolari in amianto ci entro in contatto tutti i giorni – ha spiegato tempo fa un tecnico delle Ogr all’agenzia Redattore Sociale – di solito si tratta di guarnizioni presenti nella componentistica dei treni, anche di quelli più moderni. Io l’amianto lo so riconoscere, ma non tutti ne sono capaci. E quando dobbiamo sistemare o riparare quelle parti capita che si rompano, con la conseguente dispersione delle fibre nell’aria”. Secondo le Rsu aziendali sarebbero una settantina (su 340) gli operai e i tecnici che ogni giorno, nelle officine che a Bologna si occupano della manutenzione delle carrozze di Trenitalia, potrebbero potenzialmente entrare in contatto con l’amianto, vietato in Italia dai primi anni ‘90. Casi effettivi se ne registrano invece circa 10 all’anno, e si tratta cioè dei casi in cui i lavoratori si rendono conto di stare maneggiando componenti in amianto, e lo denunciano all’azienda. “Purtroppo è un problema difficile da affrontare – spiega l’Rls aziendale Salvatore Fais – Ci sono Paesi che non hanno ancora messo al bando l’amianto, la Cina, l’India, la Russia. Sono grandi produttori di componentistica, tutte cose che poi arrivano anche qui in Italia, e poi nelle nostre officine. Un anno e mezzo fa arrivò dalla Cina una partita di thermos coibentati in amianto. Ce ne siamo accorti solo casualmente, perché una persona con esperienza si è trovato a doverne riparare uno rotto. Situazioni del genere ci sono capitate anche con guarnizioni arrivate dall’Est Europa”.

Cosa succeda concretamente durante la manutenzione lo spiega un altro lavoratore. “Se ad esempio hai una guarnizione con parti in amianto su un manicotto, prima o poi quel manicotto subirà la pressione meccanica e l’usura del tempo. Smontandolo durante la manutenzione qualche fibra resterà attaccata al pezzo, e poi si diffonderà nell’aria. Certo, sapendolo prima si prendono precauzioni, ma il problema è proprio questo: non sempre ce ne accorgiamo. Riconoscere l’amianto è difficile”. “Basta anche solo una fibra – ricorda Fais – per sviluppare sulla lunga distanza un mesotelioma da amianto. Siamo partiti da un’età media dei lavoratori con mesotelioma che si aggirava attorno ai 70 anni, adesso siamo scesi fino ai 60, per il futuro l’età media potrebbe scendere ancora. Il picco delle morti a Bologna ce lo aspettiamo attorno al 2025”.

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