Bologna, 30 mar. – L’avvocatura di Stato ha chiesto alla Corte d’Appello di Palermo di rigettare le domande di risarcimento che il tribunale ha concesso a 18 famiglie delle vittime della tragedia aerea di Ustica del 27 giugno 1980, quando il Dc9 Itavia si squarciò in volo e s’inabissò in mare tra Ponza e Ustica. Morirono 81 persone.
L’avvocato di Stato, Maurilio Mango, ha chiesto il rigetto per prescrizione o infondatezza chiedendo anche di porre a carico dei familiari il “pagamento delle spese di lite oltre che quelle pernotate a debito”. Nelle motivazioni presentate dall’avvocato Mango si legge come le questioni legali e mediatiche legate a Ustica siano state, a giudizio del legale, “talvolta macroscopicamente influenzate dal progressivo formarsi e consolidarsi di un’immaginario collettivo che ha individuato la causa del disastro nell’abbattimento dell’aeromobile da parte di un missile, con la conseguente responsabilità delle amministrazioni derivante dall’omesso controllo dello spazio aereo”. Per l’avvocato non ci sarebbero prove tecniche del “teorema” secondo cui all’origine del disastro sarebbe stata una battaglia aerea, e che “l’aeronautica militare per coprire questa avrebbe ordito un complotto (misteriosamente rimasto senza colpevoli e segreto nonostante avesso coinvolto almeno un centinaio di persone”.
“Vergognosa e inaccettabile la posizione dell’Avvocatura dello Stato”. Lo afferma Daria Bonfietti, presidente associazione parenti vittime strage Ustica. “Proprio avvicinandosi il XXXV anniversario della strage di Ustica – spiega Bonfietti – avevo chiesto a tutte le Istituzioni dello Stato di prendere atto, nel rispetto dello stato di diritto, che sentenze definitive della Magistratura avevano riconosciuto che il Dc9 Itavia era stato abbattuto nel corso di un episodio di guerra aerea e che i Ministeri della Difesa e dei trasporti erano stati condannati per non avere tutelati i cittadini e per aver contribuito a nascondere la verità. Ritengo oggi vergognosa e inaccettabile la posizione dell’Avvocatura dello Stato che ricorrendo contro una ennesima condanna, non solo non vuol tenere conto delle precedenti sentenze della Cassazione, ma addirittura ritorna a parlare di bomba a bordo”. “E qui bisogna direttamente chiamare in causa il Governo – conclude – che deve prendersi la responsabilità politica, anche nei tribunali, di rispettare la verità su Ustica che le sentenze passate in giudicato ci hanno dato. Mi sembra davvero incredibile poi dover ricordare all’Avvocatura dello Stato che nei vari processi che si sono svolti la stessa Avvocatura si è sempre spesa a sostegno della tesi del missile”.
“Ci sono già due sentenze della Cassazione che parlano chiaro – attacca il parlamentare Pd Paolo Bolognesi – La mia speranza è che il governo, il ministero della difesa o chi di dovere smentisca subito l’incredibile azione dell’avvocatura di Stato”.
Nell’ottobre 2014 il giudice di Palermo aveva condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire 14 familiari delle vittime o loro eredi con 5 milioni e 637 mila euro. A inizio marzo il giudice aveva condannato i ministeri a risarcire quattro altri familiari per un valore di poco più di un milione di euro. Sono diversi i procedimenti in Cassazione ancora pendenti in appello. Nel gennaio 2013 Cassazione si è già pronunciata in maniera definitiva sulla richiesta fatta dai familiari di quattro vitteme della stessa strage dando loro ragione e giudicando infondata la testi della prescrizione.
”L’Avvocatura dello Stato, mediante l’impugnazione della sentenza, ha sferrato una feroce offensiva nei confronti dei parenti delle vittime della tragedia che attendono da trentaquattro anni una conclusione attraverso un coordinamento delle varie sentenze”. Lo dicono gli avvocati Fabrizio e Vanessa Fallica tra i difensori dei 18 familiari di alcune vittime della tragedia aerea di Ustica.
”L’Avvocatura dello Stato – aggiungono – non avrebbe dovuto assumere una comune dispersiva funzione di parte nei confronti di chi aveva richiesto i riconoscimenti dei propri diritti ad uno Stato che nella sua funzione istituzionale, attraverso la magistratura, aveva conclamato la sua responsabilità con sentenza passata in giudicato. Non ci vuole molto per capire che lo Stato di diritto anche nella sua diversa funzione istituzionale, assume la stessa identità e quindi non può disconoscere la sua unica identità anche nelle diverse funzioni.
Il Governo deve dunque uniformarsi a tali principi non opponibili sul piano costituzionale, non potendo alimentare ulteriormente un percorso giudiziario fin troppo lungo e dispersivo”.
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