Immagine tratta dal profilo Twitter di Tsunami Democràtic
Le piazze mondiali sono in fermento anche nel mondo “virtuale”: da Barcellona, al Cile, ad Hong Kong gli attivisti che organizzano le dimostrazioni cominciano a porsi il problema di strumenti digitali che non siano facilmente tracciabili o censurabili. E’ una differenza profonda con le mobilitazioni della cosiddetta Primavera Araba del 2012, nata anche grazie al ruolo moltiplicatore dei social network e che usava Facebook, Youtube, Twitter come vere e proprie armi di lotta. Nel 2013 sui muri di Istanbul, durante la protesta di Gezi Park si trovavano scritte le cifre del DNS di Google.
Ma Facebook e tutte le grandi big corporation del web hanno perso quella fiducia che gli attivisti riponevano in loro, con gli scandali legati al monitoraggio della National Security Agency, quelli di Cambridge Analytica, fino alla cancellazione sempre più frequente di post ritenuti “violenti”, per esempio perché in solidarietà coi curdi.
E ora qualcuno sta sperimentando strumenti nuovi, come i militanti di Tsunami Democràtic, con la loro app, attivabile solo tramite QR code di un utente già presente e che ha già subito la censura del Governo spagnolo, che ha richiesto (e ottenuto) la rimozione dalla piattaforma Github di Microsoft.
La app è stata utilizzata anche per il recente blocco autostradale. Ne abbiamo parlato in onda a Pensatech con Chiara Colasanti.
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