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Terremoto Ferrara. Chiesto il processo per sette tecnici

Bologna, 16 gen. – Chiesto il processo per sette persone per i crolli dei capannoni del terremoto nel ferrarese. E’ quanto ha deciso la procura di Ferrara per i capannoni all’azienda Ursa di Stellata e alla Tecopress di Dosso, che sono crollati uccidendo due persone, durante il sisma del 2012. Si tratta di ingegneri e collaudatori, esclusi invece i titolari delle ditte e i tecnici di minor rilievo.

Ne abbiamo parlato con Marco Zavagli di Estense.com

Per il crollo dei capannoni della Ceramica S.Agostino, in cui ci furono altre due vittime, la Procura ha invece chiesto un supplemento di perizia tecnica sul cedimento strutturale, in base alla memoria difensiva di uno degli indagati il crollo sarebbe avvenuto per “effetto domino” a causa del crollo della struttura vicina. Al momento tutte le strutture al centro delle inchieste sono chiuse su richiesta dei pm.

I 4 operai operai  furono schiacciati durante il turno di lavoro notturno: alle 4.04 del 20 maggio 2012, le capriate dei capannoni cedettero per le scosse ondulatorie e sussultorie. L’inchiesta aperta poche ore dopo la tragedia aveva portato ad indagare 28 persone, in tre diversi filoni di inchiesta. Dopo la superperizia del pool di tecnici della procura le persone indagate si sono ridotte a 9. Il pm Nicola Proto ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro indagati del crollo alla azienda Ursa in cui morì Tarik Naouch.

Spiccano il nome di Franco Mantero, presidente dell’ordine degli ingegneri della provincia di Ferrara e Mauro Monti, allora ingegnere capo della provincia. Sono indagati insieme Simonello Marchesini e Pierantonio Cerini per il mancato bullonamento della struttura. Mantero è chiamato in causa in quanto direttore dei lavori, e secondo l’accusa avrebbe usato perni anziché bulloni, come collegamento tra le travi. Monti è chiamato in causa in qualità di collaudatore e non avrebbe rilevato il mancato bullonamento.

Per la Tecopress, dove morì Gerardo Cesaro, il pm Ciro Savino ha chiesto il rinvio a giudizio per i tecnici Modesto Cavicchi, Dario Gagliandi e Antonio Proni. Per la Ceramica S.Agostino, dove le vittime furono due, Nicola Cavicchi e Leonardo Ansaloni, invece, l’indagine si riapre grazie ad una memoria difensiva presentata da legali e consulenti di uno degli indagati, l’ingegnere mantovano Bruno Luigi Formigoni, dipendente della ditta Truzzi di Poggio Rusco che realizzò i capannoni (la ditta è stata esclusa da ogni responsabilità). Formigoni è stato chiamato in causa come progettista e collaudatore di strutture e fondazioni del capannone crollato, mentre il secondo indagato è l’ingegnere Andrea Govoni, progettista concessione edilizia e dipendente Ceramica Sant’Agostino. Nella memoria difensiva viene presentata una nuova ipotesi sulle cause del crollo, indicando nell’allargamento del capannone e nella costruzione eseguita a posteriori, nel 2002, di una nuova struttura  la vera causa. Questa sarebbe stata appoggiata alla precedente struttura portante costruita nel 1987, progettata da Formigoni, indebolendola e facendola crollare durante il sisma.

Nel caso la tesi difensiva fosse ritenuta corretta dai periti della Procura, allora l’inchiesta sul crollo dei capannoni alla Ceramica Sant’Agostino potrebbe riaprirsi e si dovrà far luce sulle nuove responsabilità di chi progettò, costruì collaudò e ordinò il nuovo modulo.

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