Bologna, 30 apr. – Si chiama “Comitato per la remunerazione”, ed è quell’organo di Hera che si occupa di “formulare proposte” per la remunerazione di Presidente, Vice presidente e così via, fino ad arrivare alla dirigenza. Chi siede nel Comitato per la remunerazione (l’anno scorso 4 componenti del consiglio di amministrazione Hera) si porta a casa 25mila euro l’anno (nel 2014 saranno però ridotti a 20 mila). Nell’ultimo anno il Comitato si è riunito tre volte, con una durata media per riunione di un’ora e mezza. Fare i conti è semplice: si tratta di 8mila euro a seduta, quasi 90 euro al minuto.
C’è da dire che il lavoro dei quattro componenti del Comitato remunerazione non si esaurisce in una riunione attorno al tavolo, ma resta la cifra decisamente pesante. Accanto al presidente Giorgio Razzoli, il bilancio Hera 2013 elenca gli altri tre membri (Bruno Tani, Marco Cammelli e Stefano Manara).
Le tre sedute 2013 del Comitato per la remunerazione sono state pagate con un forfait identico a quello che viene corrisposto ai componenti di altri comitati Hera ben più attivi in termini di sedute. Una scelta aziendale, spiega l’ufficio stampa dell’azienda. Il Comitato per il controllo interno e la gestione dei rischi si è riunito ad esempio 7 volte, mentre ci sono state 8 sedute del comitato etico. Oltre ai 25mila euro e alla voce “altri compensi”, tutti i consiglieri di amministrazione di Hera hanno portato a casa nel 2013 una indennità fissa per il loro incarico di 50mila euro (ma da quest’anno sarà ridotta a 40 mila). Particolare la situazione di Stefano Manara, per lui solo 8mila euro per la partecipazione al Comitato remunerazione e 16mila di fisso ma il motivo è semplice: è subentrato a fine agosto. Caso ancora diverso quello di Razzoli, che nel 2013 ha percepito un compenso fisso di 100mila euro in qualità di vicepresidente.
Se è vero che i componenti del cda sono recentemente scesi da 20 a 14, con un risparmio sugli stipendi dei vertici aziendali, è anche vero che sotto i riflettori fatica a finire quello che i sindacati hanno più volte additato come il vero centro dello spreco Hera. Solo in Emilia-Romagna in azienda si contano 137 dirigenti con stipendi attorno ai 100mila euro lordi e 370 quadri. Per i dirigenti (e a volte anche per i quadri) sono solitamente previsti tutta una serie di benefit, e tra questi spesso figura anche l’auto aziendale (e si parla anche di costose ammiraglie tedesche). Sull’uso della flotta aziendale e sulla quantità dei mezzi si sa però poco. Se però si confronta il rapporto tra dipendenti Hera e dirigenti si scopre poi che il risultato, il 2%, è il doppio rispetto agli standard delle aziende private (0,9%). Altro rapporto che non è rispettato è la cosiddetta “regola aurea” di Adriano Olivetti che prevede una differenza di massimo 10 volte tra il più basso stipendio aziendale e il più alto compenso dirigenziale. Un neoassunto in Hera arriva ai 20mila euro lordi l’anno, contro i 350mila euro di fisso dei supermanager.
In città continuano a tenere banco le polemiche partite dopo le affermazioni del presidente di Hera, Tommaso Tomasi di Vignano, sulla non disponibilità a ridursi lo stipendio da 475 mila euro annui. “Al mio stipendio non servono altri tagli” ha detto la scorsa settimana. Dopo le minacce del Pd di presentare un ordine del giorno, poi rientrate davanti alla ferma opposizione del sindaco Virginio Merola, ieri anche il segretario regionale dello Spi Cgil, Bruno Pizzica ha detto: “Se fossi io il proprietario dell’azienda, questo signore sarebbe licenziato in tronco ha dimostrato un’insensibilità che lo rende inadatto a guidare una società pubblica”.
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