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Sulla nave di Mediterranea in attesa dello sbarco

Bologna, 19 Mar – Ci sono anche 12 minorenni, senza mamma e senza papà, tra i 49 migranti soccorsi ieri davanti alle coste libiche dalla nave Mare Ionio, battente bandiera italiana. Le loro condizioni sono stabili, ma c’è una persona “che sta molto male” e per questo il medico di bordo avrebbe chiesto di poterlo fare scendere. Nella notte erano tutti in mezzo al mare forza sette, e per questo l’appello dell’equipaggio è che si possa trovare un porto di approdo.

“Sul corpo portano i segni delle violenze subite nei campi di concentramento libici. A molti di loro sono state strappate le unghie di mani e piedi. Hanno più cicatrici e quando li abbiamo avvistati e messi in salvo mentre erano a bordo del loro gommone sono stati contenti. Anche questa notte abbiamo cercato di tranquillizzarli, sono contenti di essere vicini all’Italia”, spiega Mario Pozzan, l’attivista di Làbas e del Tpo, che assieme a Giulia, altra ragazza del collettivo, sabato è salpato a bordo della Mare Ionio e ieri ha messo in salvo 49 migranti.
Ma  l’imbarcazione del progetto Mediterranea non ha l’autorizzazione allo sbarco ed è circondata da tre motovedette, due della guardia di Finanza e una della guardia Costiera. Ieri, la ong Mediterranea Saving Humans, il progetto partito a settembre, ha chiesto alle autorità italiane un “porto sicuro” prima di fare rotta perso Lampedusa. Nuovo braccio di ferro, dunque, tra il Viminale e le Ong al largo della Sicilia.

Ora la nave è proprio lì, a un miglio e mezzo da Lampedusa. Ma il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, chiude allo sbarco e attacca: “Non è un soccorso ma favoreggiamento, è la nave dei centri sociali“, afferma. Il vice Premier pentastellato, Luigi Di Maio intanto garantisce che non sarà un nuovo caso Diciotti. Di diverso avviso il sindaco dell’isola: “Il nostro porto è aperto e pronto ad accoglierla”, dice Totò Martello. Ispezione della guardia di Finanza a bordo della nave, accertamenti anche sulle condizioni dei migranti e dell’equipaggio. La Procura di Agrigento vaglia le comunicazioni,  

L’intervista a Mario Pozzan, l’attivista di Làbas e del Tpo

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