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Spese pazze. Assolti gli ex Sel-verdi Gianguido Naldi e Gabriella Meo

Bologna, 28 apr. – Il gup Alberto Gamberini ha assolto gli ex consiglieri regionali del gruppo Sel-Verdi in Emilia-Romagna, il capogruppo Gianguido Naldi e Gabriella Meo, in carica nella scorsa legislatura. Erano a processo in rito abbreviato a Bologna per peculato, per le spese messe a rimborso del gruppo tra il 2010 e il 2011. La Procura aveva chiesto condanne a un anno e quattro mesi. Meo è difesa dall’avvocato Guido Magnisi, Naldi dagli avvocati Libero Mancuso e Andrea Gaddari.

All’ex capogruppo erano contestati rimborsi per circa 77mila euro, alla consigliera per circa 7mila. Nessuno dei due era presente alla lettura della sentenza, in tribunale. L’assoluzione è con la formula ‘il fatto non sussiste‘ per quasi tutti i capi di imputazione, perché il fatto non costituisce reato per spese di trasporto di Meo, dall’ abitazione a Sissa (Parma) alla sede della Regione a Bologna. L’avvocato Magnisi, riferendosi proprio all’assoluzione sugli spostamenti in auto, ha spiegato che Meo “abita in un paese non servito da una stazione ferroviaria e non c’erano alternative. E’ un riconoscimento e una restituzione di dignità alla politica: un’insegnante che sceglie una missione eco-ambientalista e sacrifica la propria vita a far la spola tra il proprio paese di origine e Bologna. E’ una situazione in cui i confini della politica vanno rispettati”. La sentenza, ha detto l’avvocato Mancuso, ex magistrato e assessore della Giunta Cofferati, arriva “dopo anni tormentati e dopo campagne di stampa demolitrici. A Naldi tutto questo è costato l’abbandono della politica e sofferenze personali e familiari”. Secondo Mancuso l’indagine “andava fatta nei confronti di quelle persone su cui c’erano determinati elementi, ma generalizzare è stato un errore. Anche per la Procura, che non si porterà a casa i risultati”. Fino ad oggi nello stesso filone d’inchiesta sugli altri gruppi consiliari, conclusa con 41 richieste di rinvio a giudizio, ci sono state le condanne dell’ex capogruppo Idv Liana Barbati, dell’ex gruppo Misto, Matteo Riva e di una sua collaboratrice, un patteggiamento per il leghista Roberto Corradi. Assoluzioni sono state invece pronunciate per Matteo Richetti, Anna Pariani e Marco Barbieri del Pd, gli ex M5S Giovanni Favia e Andrea Defranceschi, l’ex Fds Roberto Sconciaforni, l’Idv Sandro Mandini. Tredici consiglieri Pd sono attualmente a giudizio, così come tre della Lega Nord. Non sono ancora concluse le udienze preliminari di Pdl e Udc.

La politica di trasparenza inaugurata dal M5S in Emilia-Romagna “ha preceduto l’indagine” sulle spese dei gruppi “e si è posta in sintonia con la stessa”. Lo rileva il Gup Rita Zaccariello nelle motivazioni della sentenza con cui ha assolto l’ex capogruppo Andrea Defranceschi e l’ex consigliere regionale Giovanni Favia (difeso dall’avv. Francesco Antonio Maisano), entrambi espulsi dal Movimento. Il giudice sottolinea come l’ipotesi che abbiano “voluto lucrare indebitamente sui contributi” si basi su un quadro indiziario di “assoluta fragilità”. E come Defranceschi abbia messo online i rendiconti delle spese del gruppo consiliare, “proprio al fine di dimostrare ‘coram populo’ l’estrema oculatezza nella gestione del danaro pubblico”. Una gestione “scevra da sprechi che ha avuto un esito di risparmio complessivo di cui dà atto la stessa polizia giudiziaria”. Sui fondi vincolati alle esigenze di funzionamento, il gruppo “ha realizzato un risparmio di poco inferiore ad un terzo della contribuzione”.

Secondo il giudice, che dopo l’assoluzione perché il fatto non sussiste pronunciata il 28 gennaio ha depositato 59 pagine di motivazioni, non si può ritenere che l’aver messo su internet i rendiconti “abbia costituito una mera esercitazione di stile rivolta a elettori e simpatizzanti, in ipotesi più attenti a dati formali che non alla sostanza, sia perché le voci sono sufficientemente dettagliate e quindi chiunque avrebbe potuto controllarne la congruità”, sia perché la gestione ha portato risparmi. Dal maggio 2010 al dicembre 2011, periodo oggetto dell’indagine per peculato della Procura di Bologna, il gruppo “ha ottenuto contributi per complessivi 456.510 euro e ha sostenuto spese per 315.578 euro, accantonando un avanzo di ben 140.831”. Un dato che “di per sè vale a stemperare alquanto anche i più labili sospetti che il capogruppo e il consigliere abbiano largheggiato sulle spese per soddisfare scopi personali”. E se queste spese, evidenzia il Gup in un altro passaggio, hanno “spesso assunto nelle cronache la suggestiva denominazione di ‘Spese pazze in Regione’”, nel caso di Defranceschi e Favia, a cui la Procura contestava rispettivamente 98mila e 7.700 euro, “sono del tutto ordinarie e scevre di qualsivoglia stravaganza”. Nel caso dei rimborsi per la ristorazione, “il fatto stesso che i prezzi medi di ogni singolo pasto consumato, documentato e rimborsato, oscillino tra i 10 e i 25 euro per persona e che su 189 contestazioni ben 149 siano relative a consumazioni presso bar, ristorante e pizzerie situate in zone limitrofe alla sede regionale” deve “necessariamente essere interpretato come elemento di fatto significativo di particolare frugalità e oculatezza nella spesa del danaro pubblico e contrasta, sul piano logico, con l’ipotesi che in tal modo Defranceschi e Favia intendessero perseguire indebiti scopi personali”.

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