26 lug. – Le sue stesse parole, quelle del blog, lette dalle amiche, poi una canzone “Che cos’è l’amore” di Vinicio Capossela. Si è concluso così, in modo irrituale, l’ultimo saluto a Silvia, nella chiesa di Santa Cristina in via Saragozza. Silvia Caramazza, trovata morta il 27 di giugno, il suo corpo a pezzi in un congelatore; quarta vittima di femminicidio del 2013 in Emilia Romagna. Il suo compagno, Giulio Caria, accusato dell’omicidio, si trova ora in carcere in Sardegna.
Nel suo blog Silvia scriveva in terza persona di storie immaginarie, usava la prima persona quando viveva situazioni di tensione, forte stress, fino all’ultimo post “violenze e violenze”, violenza psicologica, fisica, fino alla morte. Quelle violenze potrebbero colpire qualunque donna: ce lo ricorda il banchetto della Casa delle donne, con il materiale informativo, in fondo alla chiesa, la fotografia di Silvia come modo per raccogliere qualche donazione.
“Dobbiamo imparare a volerci bene“, con queste parole, all’uscita dalla cerimonia Claudia Rocchini ci coinvolge, tutte, nel ricordo di Silvia, perché la sua morte non sia invano.
Claudia ricorda l’amica Silvia
Presenti alla cerimonia, partecipata da circa 150 persone c’erano diverse rappresentanti delle associazioni di donne. “Ora anche gli uomini devono fare qualcosa”, lo dicono all’unisono Grazia Negrini di Stalking Stop e Katia Graziosi dell’Udi.
Una nota critica per il sermone della cerimonia, in cui il parroco ha parlato di “disegno divino e morte improvvisa”.
Per Angela Romanin della Casa delle donne “questa violenza è già successa a tutte noi ed è importantissimo testimoniarci vicinanza”.
Angela Romanin Casa delle donne
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