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Se non ci fossero i datagate bisognerebbe inventarli. Ippolita a Pensatech

Bologna, 13 giu. – La Rete è libera e democratica? Per il collettivo Ippolita la risposta è chiara: “Falso“. E’ appena stato pubblicato il nuovo lavoro del gruppo di ricerca interdisciplinare nato dal mondo hacker milanese che dal 2012 ad oggi ha scritto diversi testi che cercano di smontare pezzo pezzo le mitologie, i luoghi comuni della rete e i suoi colossi, Google e Facebook in primis.

A Pensatech Sara e Karl del collettivo Ippolita (l’anonimato è una cosa a cui tengono anche onair oltre che online), ci spiegano che “fare una rete è una cosa complicata” e quindi noi utenti siamo tentati dalla “delega democratica“, perché è più facile che siano Facebook o Google a sostituirsi a noi piuttosto che gestire da soli strumenti molto complessi. A furia di pensare che “se ne occupano loro”, queste realtà private ed economiche gestiscono una grande quantità di informazioni. Il rischio, mette in guardia Ippolita, è la mancanza di consapevolezza, che ci può portare a scambiare la nostra presenza in rete come una possibilità di presa di parola pubblica, una possibilità di democrazia. Ma pubblicare in Rete non significa rendere pubblico.

Abbiamo poca conoscenza dei “Termini e condizioni” che siamo soliti accettare. “Le traduzioni più che in altre lingue andrebbero fatte in diversi contesti: cosa vuol dire aprire il proprio account Facebook o quello della propria figlia?”, a volte meglio spiegarlo in linguaggio “raga”, giovanile. “Abbiamo la sensazione di accedere ad un servizio gratuito, ma così non è perché noi cediamo i nostri dati personali e quelli sulle nostre relazioni”.

Qualcosa è migliorato con le rivelazioni di Edward Snowden? “Se non ci fossero i datagate bisognerebbe inventarli” ci dice Karl ma “non serve per aumentare la consapevolezza delle persone”. Il problema non è solo il controllo da parte dello Stato (non riguarda solo gli attivisti) ma è un problema commerciale: siamo noi a dare, “ben contenti”, tutti i nostri dati per essere “controllati”.
E quindi? Più che pensare a “cosa fare” bisogna pensare a “come lo facciamo” ci dice il collettivo Ippolita. “Non vogliamo un altro Google un po’ più democratico”.


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