Bologna, 3 feb. – Sotto la sede dell’ufficio scolastico di Bologna presidio degli attivisti della Sim (scuola d’italiano con migranti) di Xm24 e del Coordinamento migranti. “Vogliamo denunciare i respingimenti scolastici – spiega Andrea – La vicenda del bambino che abbiamo segnalato mesi fa non è isolata. Stiamo mettendo assieme dati e segnalazioni, e creeremo una rete di monitoraggio sul tema. Quello che bisogna cambiare sono le regole, perché il problema è strutturale”. Il tema è quello dei ricongiumenti di metà anno, quando cioè i figli dei migranti arrivano a Bologna per riunirsi alle loro famiglie e non è detto che il sistema scolastico sia in grado di assicurare a tutti una classe. E’ successo ad esempio al ragazzino bengalese di 12 anni che ha dovuto aspettare otto mesi prima di riuscire ad ottenere un posto in una seconda media.
Non c’è solo il problema (comunque fondamentale) del dare una classe a tutti. Le regole della macchina scolastica non tengono ancora in considerazione i nuovi arrivi a metà anno, e sono centinaia, causati dai ricongiumenti. Un esempio su tutti: il contributo per l’acquisto dei libri scolastici garantito alle famiglie con un Isee basso. La data limite per richiederli è il 12 novembre. E se un bambino arrivasse a Bologna a dicembre? O a febbraio? “I fondi – spiega l’ufficio stampa del Comune di Bologna – sono erogati dallo stato e regolati da delibera della Regione e il Comune non può che applicare il termine previsto dalla delibera regionale”.
Abbiamo intervistato la dirigente dell’ufficio scolastico provinciale Maria Luisa Martinez. “Stiamo lavorando sul problema”, rassicura Martinez che parla di tempi brevi per arrivare a decisioni ufficiali. Sono due le strade che l’ufficio scolastico sta percorrendo. La prima è quella della creazione di una sorta di sportello unico che gestisca i nuovi arrivi, un meccanismo centralizzato che sarà controllato direttamente dall’ufficio scolastico provinciale e che terrà in considerazione anche le serie storiche dei ricongiungimenti, per prevedere con esattezza gli arrivi imprevisti.
La seconda strada è quella già richiesta da Sel, dall’assessore provinciale all’istruzione e dalla Cgil, e contempla il riservare una quota di posti nelle classi bolognesi per accogliere i nuovi arrivati durante l’anno. Sul tema Martinez è più cauta. “Ci stiamo lavorando, speriamo di avere una risposta anche su questo ma è un problema di risorse che dipende anche da Roma”.
Domanda: possiamo dire che da settembre i respingimenti scolastici non ci saranno più?
“Lei mi sta chiedendo di avere la sfera di cristallo – spiega Martinez – Le rispondo col buon senso: tutti noi ce lo auguriamo. Vogliamo arrivare ad una soluzione, e la via potrebbe essere quella del trovare un posto a tutti i nuovi ragazzi arrivati, magari non sotto casa ma comunque entro il quartiere d’appartenenza“. Secondo la Cgil, che sta seguendo da tempo la problematica, i tavoli tecnici sarebbero ormai chiusi, avrebbero coinvolto dirigenti scolastici, comunali e del provveditorato agli studi, e avrebbero portato alla creazione di un protocollo contenente una serie di proposte. Tra queste ci sarebbe proprio una “quota posti” da tenere liberi per i ricongiumenti durante l’anno. “Ora il documento è sul tavolo del dirigente dell’ufficio scolastico regionale Versari – spiega Francesca Ruocco della Flc-Cgil – contiamo di avere una risposta ufficiale entro fine febbraio“.
A pochi metri in linea d’aria da Martinez i manifestanti della scuola Sim di Xm24, in presidio sotto il provveditorato, hanno puntato il dito contro il sistema burocratico e la discrezionalità amministrativa che rende difficile la vita ai migranti. “I figli e le figlie dei migranti sono colpiti da questa situazione sin da piccoli: prima vedono i loro diritti costantemente in pericolo, come la possibilità di iscriversi alla scuola dell’obbligo. Poi quando crescono le cosiddette seconde generazioni devono subire il ricatto del permesso di soggiorno legato al contratto di lavoro, e compiuti i 18 anni, a causa della legge Bossi-Fini sono spesso costrette a rinunciare agli studi per trovarsi in fretta un lavoro”. Poi l’annuncio: se la famiglia del bambino bengalese escluso per 8 mesi dalla scuola pubblica acconsentirà, gli attivisti avvieranno una causa legale contro il dirigente che ha “respinto” il bambino. “Ci sono gli estremi per farlo, e lo faremo anche in futuro se si verificassero ancora casi del genere”.
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