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Regionali. Bonaccini, le sardine e la paura della Lega fermano (per ora) Salvini

Il profilo dell’Emilia-Romagna su sfondo rosso, un grande fiore al centro, dello stesso colore, e la scritta: “Liberi da 75 anni, a posto così, grazie.” E’ questo il meme che riassume sui social la vittoria del centro sinistra emiliano-romagnolo che ha saputo sconfiggere la destra sovranista di Matteo Salvini
Innanzitutto è una vittoria personale di Stefano Bonaccini, il presidente uscente che è partito, lancia in resta, anche quando il suo partito, il PD era attendista, troppo occupato a sciogliere nodi di potere interni (chi candidare per il consiglio regionale). Bonaccini ha riunito attorno a se una coalizione larga, da +Europa ad Emilia-Romagna Coraggiosa, per intenderci da Bonino e Calenda fino alla ditta Errani/Bersani, e negli ultimi giorni ha anche chiesto espressamente il voto disgiunto agli elettori del Movimento 5 stelle e dell’estrema sinistra, convincendone diverse decine di migliaia a dargli fiducia.

Ma è anche una vittoria dell’Emilia-Romagna profonda, quella che affonda le radici nella memoria di una tradizione antifascista e solidale che le sardine sono riuscite a mobilitare e a riattivare, facendo quello che il Partito Democratico non aveva più avuto il coraggio di fare. Quell’Emilia-Romagna orgogliosa del proprio modello economico e sociale che ha saputo resistere alle sirene salviniane, magari critica verso il Pd e il centrosinistra ma che riesce a distinguere il “grano da loglio”.

Ma è pur vero che il sovranismo cresce in Emilia-Romagna: le zone periferiche votano compattamente e convintamente per Salvini. Se Bonaccini vince nelle città e nei comuni più grandi dell’Emilia e della Romagna centrali, se ci si sposta verso l’esterno della regione è Borgonzoni a trionfare. La candidata della Lega infatti fa man bassa di voti nel ferrarese, nel piacentino, nel parmense e nel riminese. E va forte anche in tutti i piccoli comuni dell’appennino, a prescindere dalla provincia. E’ in quelle zone che i partiti di sinistra devono tornare a fare comunità, creare legami e fare politica. Perché il rischio reale è che se questa volta si è riusciti a fermare la destra la prossima potrebbe non essere più possibile.

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