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Quello schiaffo a Toscanini che Bologna non dimentica

Bologna, 11 giu. – La città felsinea era in trepidazione. Il 14 maggio del 1931 si inaugurava la funivia per San luca ed era stata organizzata una grande fiera in città. Quella stessa sera Arturo Toscanini doveva dirigere il concerto in memoria di Giuseppe Martucci, direttore emerito dell’orchestra bolognese, scomparso nel 1909. Per l’occasione in città erano arrivati i gerarchi fascisti Galeazzo Ciano e Leandro Arpinati. Come in ogni occasione ufficiale, anche in questo caso al direttore era stato chiesto di suonare la Giovinezza e la Marcia Reale, ma Toscanini si rifiutò.

La storia di quel che avvenne poi è stata raccontata dal professore di Storia della musica Piero Mioli, durante le celebrazioni per la scopertura di una targa in Largo Respighi, in memoria dell’aggressione che subì il Maestro.

Erano le 21.50 quando la limousine di Toscanini raggiunse Largo Respighi. Il concerto, dettaglio da non sottovalutare, era alle 21.15 e il ritardo era apparso subito sospetto ai presenti. Una grande folla aspettava il direttore, tra loro anche molti fascisti, chi in camicia nera, chi confuso in mezzo alla folla. Appena sceso dall’auto, Toscanini fu immediatamente circondato da un gruppo di fascisti che lo apostrofò così: “È vero che non suonerai gli inni?”. Il Maestro confermò e fu lì che uno di loro si avvicinò schiaffeggiandolo.

Uno schiaffo sonoro – ha raccontato il professor Mioli – dal basso verso l’alto, che provocò al Maestro una profonda ferita sul labbro inferiore“. La circostanza che lo schiaffo provenisse dal basso non è da sottovalutare. “Il dibattito su chi fosse il responsabile del gesto – ha proseguito Mioli – ha riempito pagine su pagine di storia della musica. Nessuno volle testimoniare, ma Indro Montanelli non aveva dubbi: lo schiaffo partì da Leo Longanesi. Toscanini, infatti, era un uomo di statura media e Longanesi era detto ‘il nanerottolo’. Questo ovviamente depone a suo sfavore”.

Il concerto fu cancellato, suscitando grande scandalo nell’ambiente musicale. Il Maestro con la sua famiglia si rifugiò in città, all’hotel Brun, e la notte stessa, intorno alle 2 scappò, intimato ad andarsene dal federale Mario Ghinelli. Fu dopo “il fattaccio” di Bologna che il Maestro decise di lasciare l’Italia, rifugiandosi in Svizzera. Sarebbe rientrato solo una volta conclusa la guerra, nel 1946, dirigendo il concerto celebrativo per la riapertura della Scala, distrutta nel 1943 dai bombardamenti.

di Martina Nasso

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