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“Porterò a Roma gli insegnamenti di Basaglia”. Fabrizio Starace, da Modena al Consiglio Superiore di Sanità

7 feb. – L’ultima novità è stata l’entrata nei reparti di ex pazienti capaci di mettersi a disposizione dei nuovi arrivati all’interno dei servizi di salute mentale di Modena e provincia. Non solo medici, infermieri e volontari quindi, ma anche i cosiddetti “esperti per esperienza”, persone che hanno attraversato il problema della malattia mentale e che oggi, con un percorso di recupero, mettono a disposizione degli altri esperienza e sensibilità. E’ solo una della tante innovazioni introdotte negli ultimi anni dal Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche dell’azienda Asl di Modena guidato da Fabrizio Starace. Scelti assieme ad altri 29 dalla Ministra Giulia Grillo, Starace per i prossimi tre anni farà parte del Consiglio superiore della sanità, l’organo di consulenza tecnico scientifica del Ministro della salute.

Una nomina che Starace definisce “una soddisfazione personale”, ma soprattutto “il riconoscimento del lavoro collettivo svolto a Modena negli ultimi anni”. Dal 2017 a Modena è stato raggiunto l’obiettivo contenzione zero, nessun paziente viene più legato nei reparti psichiatrici ospedalieri della provincia. Un risultato che pochi territori in Italia possono vantare. Sempre a Modena è stato fissato un nuovo traguardo: quello di abbattere il ricorso al trattamento sanitario obbligatoria (tso) grazie anche al dialogo costante tra Ausl, magistratura e enti locali. E poi c’è l’impegno di Starace e del suo dipartimento nella campagna “E tu slegalo subito“, o ancora il Màt Pride, marcia per l’inclusione contro tutti i pregiudizi inserita all’interno della Settimana della salute mentale.

Il tutto per dare gambe ai principi della cosiddetta “salute mentale di comunità“, dove il paziente passivo si trasforma in una persona portatrice di diritti e libertà di scelta. Parole d’ordine che Starace vuole ora portare all’attenzione di tutto il Consiglio superiore della sanità, e di conseguenza di tutta la sanità italiana.

“La salute mentale – spiega – può essere considerata una sfida imponente ma anche una prospettiva di sviluppo straordinaria, basti pensare che in salute mentale si applicano da tempo modelli oggi estesi a tutta la medicina territoriale, ad esempio le case della salute”. Starace, che si è iscritto a medicina nel 1976 quando già Franco Basaglia stava ribaltando da Trieste il modo di concepire la psichiatria, cita spesso quella rivoluzione come ispiratrice del suo lavoro. “Sono stato fortunato a studiare in quegli anni. Quello che abbiamo preso negli ultimi decenni lavorando nel campo della salute mentale potrebbe diventare patrimonio condiviso di tutto il sistema di cura della medicina moderna. Parlo del diritto dei cittadini utenti dei servizi mentali e sanitari ad essere riconosciuti come persone, alla condivisione delle decisioni e del percorso di cura, alla rappresentanza nei contesti assistenziali”.

Starace cita, come faro del suo pensiero, anche la questione delle “determinanti sociali“, di tutti quei fattori cioè che influiscono sul decorso della malattia tanto o più delle cure mediche. “La sanità da sola non può rispondere a tutti gli aspetti di salute dei cittadini”. A contare è l’ambiente, le condizioni di vita e di lavoro, i comportamenti personali.

C’è infine la dimensione territoriale. Starace, emiliano-romagnolo di recente adozione, napoletano di nascita e una carriera professionale che l’ha portato anche all’estero (a Londra con l’università e a Ginevra con l’Organizzazione mondiale della sanità), sottolinea il ruolo dei servizi territoriali nella grande e complessa macchina che garantisce la salute pubblica. “Il 90% dei servizi legati alla salute arrivano da qui eppure – dice – sono sempre poco rappresentanti”. E da questo punto di vista la sua nomina al Consiglio superiore della sanità rappresenta la classica mosca bianca, visto che la stragrande maggioranza dei 30 nomi scelti dalla Ministra Grillo riguarda accademici. “Eppure – ricorda Starace – l’ospedale funziona bene solo se funziona altrettanto bene l’assistenza sanitaria sul territorio, altrimenti anche il grande centro viene schiacciato da una domanda sempre più inappropriata e non può più svolgere il suo ruolo. La medicina territoriale è fondamentale e, dopo tutto, le Case della salute e gli ospedali di comunità fanno riferimento nei loro principi proprio a quanto sperimentato in salute mentale da Basaglia in poi”.

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