11 feb. – Dopo 85 anni, si può e si deve fare a meno dei Patti lateranensi. Ne sono convinti tanto gli atei e agnostici razionalisti dello Uaar quanto i cattolici praticanti di “Noi siamo chiesa”.
Ognuno, naturalmente, indica la propria strada per modificare o superare o abolire gli accordi di mutuo riconoscimento fra il Regno d’Italia e la Santa sede, rinnovati e rivisti il 18 febbraio 1984 col nuovo concordato firmato dal presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal segretario di stato cardinale Agostino Casaroli.
Messo da parte il percorso del referendum, che nel 1977 si dimostrò impraticabile, lo Uaar vede solo due possibilità: un accordo tra le parti per rompere il contratto o la denuncia unilaterale del concordato da parte del governo italiano. Nonostante il vento di cambiamento portato dal nuovo papa, non è dal Vaticano che lo Uaar si aspetta novità. Il 18 febbraio il segretario Raffaele Carcano porterà in Parlamento le 20mila firme raccolte in un anno per chiedere di abrogare il concordato.
Per abolire o cambiare radicalmente il concordato, “ci vuole una mobilitazione dei credenti“, sostiene Vittorio Bellavite, portavoce di “Noi siamo chiesa”. “I messaggi di papa Francesco vanno in quella direzione”, pensa Bellavite, anche se non sarà il pontefice a stracciare i Patti lateranensi.
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