Il rapporto tra cibo e memoria è strettissimo. I ricordi, come alcune pietanze, si conservano in noi come nei barattoli (“conserve” appunto), a testimonianza della necessità e volontà di custodire e tramandare le nostra storia: attraverso la parola, le immagini o la musica. Ma anche grazie al nutrimento.
Il cibo racconta della cultura e delle tradizioni; spesso, è una delle chiavi di lettura per comprendere una Civiltà.
Ma parla anche di noi singolarmente: aiuta a farci conoscere a raccontarci. Quante volte, per spiegare chi siamo, ci soffermiamo a dire di come e di cosa mangiamo. Del cibo che abbiamo odiato da bambini, o di quello che ci ha reso felici da adulti. Della consolazione raccolta in un dolce, o dell’attesa ansiosa insita nella fame.
Il ricordo del cibo è una formidabile macchina del tempo. Un semplice sapore è in grado di riportare alla mente un preciso istante della nostra vita, e l’emozione ad esso intimamente legata. E può renderci felici. Da Marcel Proust a Monsieur Ego (il funereo critico gastronomico di “Ratatouille”) , in molti hanno provato a raccontare come il ricordo di un sapore possa rendere gioiosa una giornata grigia, o addirittura cancellare definitivamente le tristezze di una vita infelice, e renderci sereni e ottimisti.
Nell’Universo Cibo, un posto particolare è occupato dal Panino.
Un pasto che affonda le sue radici già in epoca Romana: la strada che oggi è chiamata Via Panisperna, vicino al Foro, deriva dal latino panis ac perna, panini al mosto e prosciutto cotto nell’acqua di fichi secchi (antenato della Pizza romana con Castelmagno, Prosciutto crudo e Composta di fichi, proposto da Miles) .
Straordinario nutrimento da viaggio, facile da trasportare e rapido da consumare, tra gli anni ’50 e ’60 il panino diventa un must della gita fuoriporta. Il ricordo di un panino è quasi sempre associato ad uno spostamento: la strada di ritorno da scuola; il tragitto verso lo stadio per una partita o un concerto; la breve sosta durante una passeggiata in montagna o nel girovagare sfiancante alla scoperta di città straniere.
In quella pausa, e nel breve consumo del pasto, più che di un attimo c’è il ricordo di una giornata intera, o di un periodo della vita. Insomma, il Panino non ha l’istantanea forza evocatrice della petite Madeleine, capace di mettere a fuoco un preciso istante. La memoria è più diluita nel tempo.
Il panino non è mai serio. Più adatto alla commedia che alla tragedia, è internazionale e camaleontico, capace di accogliere una cotoletta come un hamburger . Lo si può rendere leggero, ma anche prenderlo seriamente.
Abbiamo chiesto di ricordare un panino ad alcuni amici. C’è chi ha fatto del cibo una professione, e chi si è cimentato in territori diversi: arti figurative, musica, letteratura.
Il primo di loro è Arcangelo Dandini. Cuoco, scrittore, custode appassionato della memoria del cibo romano. Nel video, ci parla di Panini e memoria.
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