Bologna, 29 sett. – Un romanzo che dà del tu, rivolgendosi direttamente al lettore. “Io vorrei che chi legge resistesse alla tentazione di usare la psicologia, anche la letteratura stessa, per interpretarlo: sono griglie troppo pesanti”, racconta ai nostri microfoni lo scrittore e professore Enrico Palandri. E la destinazione rintracciata dal protagonista del suo ultimo lavoro, L’inventore di se stesso (edizioni Bompiani), è proprio questa: risalire alle radici dell’albero genealogico e della patrilinearità di una famiglia per ritrovarne i legami, per tornare ad essere vicini.
Ricostruire una memoria personale, in tensione con la storia collettiva. “La storia è un disastro. Ne L’inventore di se stesso ho attraversato la genealogia immaginaria di questa famiglia per dimostrare che la storia è sempre qualcosa che si disfa e ci costringe a una fuga“. Da questi guai, da questi disastri privati, ci si può proteggere solo nell’avvicinamento umano reciproco. Pur sempre “con una certa inadeguatezza, con qualche limite”. Nel superamento delle resistenze affettive della famiglia Licudis – questo il cognome che porta il protagonista – risiede il senso del noi.
Così Licudis figlio ricostruisce il passato dei propri legami, un’operazione non scontata e in parte artefatta perché “delle famiglie fanno parte anche persone che non sono consanguinee. Si vede che è sempre stata una mia ossessione, già gli inquilini di via Begatto in Boccalone ne parlavano”. Così come non è scontata la genitorialità: “La paternità – specifica Palandri – non è un fatto biologico ma è un’assunzione di responsabilità“. Ed è evidentemente arrivato il momento, così per il protagonista de L’inventore di se stesso come per quella generazione ‘ribelle’ che ha attraversato il Settantasette, di farci i conti con la paternità, sia in qualità di figli che di genitori.
“Io questo lo so bene biograficamente: la maturità è, sì, saper appartenere, ma è anche e soprattutto saper riconoscere che non siamo il frutto della nostra velleità. Perciò, se la ribellione è solo un desiderio dell’io di sottrarsi ai conflitti della storia, ad esempio con i padri, non può che essere destinato al fallimento“.
L’intervista completa all’autore di L’inventore di se stesso, Enrico Palandri
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