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Minori non accompagnati. A Bologna sono 600


Bologna, 13 lug. – Sono 1.010 i minori non accompagnati ai quali Asp ha garantito azioni di sostegno nel primo semestre del 2017, circa 600 quelli accolti oggi in città. È Asp infatti il polo di riferimento per tutti i minori non accompagnati che transitano per l’area metropolitana bolognese, al netto di Imola. Ma “il dato è continuamente oscillante perché i flussi sono molto dinamici”, spiega Annalisa Faccini, dirigente del Servizio Protezioni Internazionali di Asp. I minori sono distribuiti in due circuiti di accoglienza diversi: quello prioritario è lo Sprar, che conta 152 posti, ai quali vanno ad aggiungersene altri 200, più i 50 posti legati al progetto finanziato dal Ministero attraverso il Fondo asilo migrazione e integrazione. “Ma siamo in fase di ampliamento”, annuncia Faccini.

Asp si è fino ad ora occupata anche della formazione dei tutori volontari di minorenni non accompagnati, attraverso la disposizione di 3 corsi che hanno portato alla sperimentazione di “una quindicina di tutele volontarie nell’area metropolitana bolognese”. Una progettazione che può rappresentare un passaggio fondamentale nella personalizzazione dell’intervento per i ragazzi, sia perché fornisce un riferimento affettivo, sia per la rappresentanza, che va ad aggiungersi a quella di tutela pubblica.
Con il protocollo d’intesa siglato nella giornata dell’11 luglio dalla garante regionale Clede Maria Garavini e dal presidente del Tribunale dei minori, Giuseppe Spadaro, si avvia un progetto che poterà al coinvolgimento di un numero sempre maggiore di cittadini che vorranno divenire tutori volontari. “Noi di Asp – spiega Faccini – collaboreremo alla chiamata dei soggetti che hanno preso l’iniziativa, mettendo a disposizione la nostra competenza”.

Quelli offerti dalla città sono servizi d’eccellenza, spiega Faccini, tanto che “su Bologna vengono ad insistere minori che arrivano da strutture di altri territori, un dato che inizia a preoccuparci moltissimo”. La maggior parte degli adolescenti proviene dall’Africa subsahariana: Gambia, Nigeria, Guinea, Costa d’avorio, Senegal. “Una certa rilevanza anche il flusso dei minori albanesi“, verso i quali è spesso complesso verificare la condizione di non accompagnamento. “Noi non abbiamo a disposizione strumenti di indagine per individuare se ci siano i parenti. Quando ciò avviene, non è affatto semplice avere l’ausilio per trattarli come dovrebbe essere, cioè come effettivamente accompagnati”.

Proprio su questo tema Faccini si sofferma per spiegare un effetto inaspettato prodotto dalla legge Zampa, rispetto al tema dei rimpatri assistiti. “Laddove il minore non ha le condizioni necessarie per essere accolto, di solito è corretto formulare un’ipotesi di ricongiungimento con il proprio nucleo familiare. La legge Zampa attribuisce la competenza sul rimpatrio assistito al Tribunale per i minorenni, e quindi non più al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che fino ad ora se ne era occupato anche economicamente. Quindi si è aperta un’incognita: chi finanzia ora i rimpatri assistiti? Chi li governa?”

L’intervista completa ad Annalisa Faccini, dirigente del Servizio Protezioni Internazionali di Asp

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