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Merola condannato dalla Corte dei Conti

Bologna, 28 ago. – Diventa definitiva la condanna a risarcire 30.000 euro al Comune di Bologna, a causa dell’illegittimità della nomina a capo di gabinetto di Marco Lombardelli, per il sindaco Virginio Merola, i 10 assessori in carica nel 2011, e due dirigenti comunali. La terza sezione centrale d’appello della Corte dei conti ha infatti confermato la sentenza emessa nel novembre del 2014 dalla Corte regionale dell’Emilia-Romagna, che aveva accolto in parte la richiesta di risarcimento di 46.539,18 euro (corrispondenti alle spese sostenute dal Comune per pagare Lombardelli, che lascio’ l’incarico appena scoppio’ il caso, nel dicembre del 2011) avanzata dalla Procura. Nella loro sentenza, i giudici contabili emiliano-romagnoli avevano stabilito che i 30.000 euro dovevano essere risarciti per il 60% da Merola, per il “10%, in parti uguali, dai 10 componenti della giunta”, per il 20% dal capo dipartimento Organizzazione Anna Rita Iannucci, e per il 10% dal direttore del Settore Personale Giancarlo Angeli. A questa somma si erano anche aggiunti “spese e interessi per 2.256,82 euro”.

Alla base del processo c’era la nomina, avvenuta nel 2011, di Lombardelli a capo di gabinetto (con uno stipendio di 67.162,72 euro annui, stando alle cifre messe a bilancio nel 2011), nonostante non fosse in possesso della laurea, necessaria per i dipendenti di categoria ‘D’ come lui. Invece, si legge nella sentenza, dal curriculum “di appena mezza paginetta, recante l’indicazione del titolo di studio di ottico, la conoscenza di una lingua straniera a livello scolastico, l’uso del Pc abituale, l’essersi interessato in sede lavorativa di contratti di locazione e dell’impegno politico profuso, non emergeva l’adeguatezza a ricoprire un ruolo così complesso”.

C’è poi la questione dell’”emolumento sostitutivo unico, quantificato in 45.000 euro annui lordi” da Merola in una lettera inviata il 3 giugno 2011 a Iannucci, in cui il sindaco “indicava i nominativi delle persone che avrebbero dovuto rivestire incarichi posti alle proprie dirette dipendenze e fiduciariamente designati”. La lettera, scrivono i giudici contabili, “non riportava con chiarezza, la categoria e il profilo professionale, demandandone ad altri l’inserimento di fatto in una categoria professionale più rispondente alle mansioni per cui Lombardelli avrebbe dovuto svolgere la propria attività”, e inoltre “recava una non motivata attribuzione allo stesso Lombardelli dell’emolumento sostitutivo unico in assenza della benché minima motivazione della sua congruità rispetto alla professionalità posseduta e alle prestazioni richieste”. Tra l’altro, si legge nella sentenza, la “determinazione dell’emolumento” da parte di Merola è “inammissibile”, perché si trattava di “un’indicazione che spettava alla giunta”. Per questi motivi, concludono i giudici d’appello, “la prima sentenza è meritevole di conferma, anche in ordine al quantum” (quindi vengono confermati i 30.000 euro di risarcimento), mentre le spese, da dividere in parti uguali tra i condannati, ammontano a 336 euro.

L’attacco dei 5 Stelle. “Se Merola avesse un decimo delle attenzioni nazionali riservate a Virginia Raggi si sarebbe già dimesso 5 anni fa – attacca Massimo Bugani, capogruppo del M5s a Bologna – Il ‘super’ PD bolognese con esperienza secolare fa errori che non farebbe neanche un bambino di 6 anni, ma questo avviene perché si sentono intoccabili e onnipotenti. Nominano mogli e mariti, finanziano le associazioni dei consorti degli assessori, nominano persone senza nemmeno il diploma e vanno avanti col ghigno e l’ignoranza dei primi della classe”.

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