10 nov. – “Il processo creativo non ha alcun confine: quando ho cominciato a lavorare a In the Moment non mi sono posto il problema della difficoltà, ma piuttosto quello dell’esperienza. Abbiamo tenuto un concerto ogni settimana in cui facevamo composizione musicale improvvisata dal vivo e riascoltare quelle performance mi ha dato la spinta per fare l’album”: a raccontare la genesi del suo ultimo album è Makaya McCraven, produttore e batterista che è passato da Bologna l’altroieri per un live al Locomotiv Club e che abbiamo avuto modo di intervistare a Maps. Un concerto che ha mischiato jazz, prog, world e molto rock, basato per lo più sulle tracce di un album “estratto” da un anno di registrazioni al Bedford Club di Chicago.
“Il jazz è come un albero“, ha continuato il nostro ospite, usando una citazione di Duke Ellington, “che ha le radici in un posto e i rami in un altro e incorpora tutto quello che tocca. Mi piace questa visione del jazz, perché è inclusiva: esiste la tradizione, ma qualunque sia la direzione in cui vada, tocca qualcosa di nuovo e lo incorpora. Tantissime cose sono successe in questo secolo di jazz: dal movimento free al be bop, dall’hard bop all’hip bop: mischiare jazz e hip hop non è nuovo, lo faceva già Miles Davis nei primi anni ’90. Nella mia musica includo i suoni con cui sono cresciuto: lo chiamiamo jazz, ma è una musica di inclusione che parla a me e alla mia generazione”.
Pur con le dovute differenze, è possibile associare McCraven ad altri giovani jazzisti con la tendenza al crossover, come Kamasi Washington: “C’è un grande movimento di giovani musicisti jazz oggi: ma soprattutto c’è un pubblico disposto ad ascoltarli. Un fenomeno che ha a che fare con la dj culture, con i cratedigger [appassionati e musicisti alla ricerca di dischi bizzarri, tra soffitte e mercatini, spesso per estrarre campioni da usare in composizioni, dj set o per semplice collezionismo, ndr] e con l’hip hop: ci sono artisti che creano la loro musica, secondo un sentore contemporaneo, riferendola all’ambito jazz e alle sue radici. Io sento di fare parte di questi musicisti, per me è un onore.”
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