Lista Tsipras, avanti senza aspettare i partiti

La lista Tsipras verso la creazione di una lista regionale. Approvato un manifesto-appello su cui si raccoglieranno adesioni. Sel ancora in mezzo al guado

Lista Tsipras, avanti senza aspettare i partiti

Alexis Tsipras in Piazza Maggiore durante la campagna elettorale per le europee

Bologna, 4 set. – La lista Tsipras continua il percorso che porterà alla creazione di una lista regionale sul modello di quanto già successo alle scorse europee. Nella partita c’è Rifondazione comunista, che ha investito pesantemente nel progetto. Sel invece sta alla finestra, e come annunciato dovrebbe chiedere ai propri elettori di votare o meno su un’eventuale alleanza col Pd. Su che programma o mediazione programmatica però è ancora tutto da capire. Molto si comprenderà nel weekend, dopo che a confrontarsi saranno proprio le due anime di Sinistra ecologia e libertà: da una parte coloro che hanno come orizzonte imprescindibile un’alleanza di governo col Pd, dall’altra i filo Tsipras.

Di sicuro c’è l’assemblea di ieri sera della lista Tsipras, partecipata da più di 200 persone, e l’approvazione “per acclamazione” di un manifesto-appello che “avvia  la verifica sui territori che porterà a decidere la presentazione di una lista in Emilia Romagna  secondo le regole assunte ieri per le diverse fasi elettorali, tra le quali il termine del 18 settembre per la presentazione delle candidature al ruolo di consigliere regionale e di presidente della Regione Emilia-Romagna”. Se ci sarà riscontro a livello di adesioni al manifesto – per ora ci sono già 200 firme –  allora si sceglieranno i candidati per il consiglio regionale, così come sarà scelto  il nome che rappresenterà la lista Tsipras come candidato presidente della Regione. Le regole condivise dall’assemblea prevedono “primarie” provincia per provincia per scegliere i candidati consiglieri regionali a partire da una lista di nomi. Il candidato presidente sarà invece nominato da un comitato di coordinamento regionale in base a ragionamenti politici. In sostanza i pro Tsipras cercheranno un nome autorevole capace di rappresentare l’anima del progetto e il contenuto del manifesto-appello. In tutti i casi saranno esclusi dalle candidature i consiglieri regionali, i parlamentari nazionali ed europei in carica dal 2004 ad oggi,” i politici di lungo corso passati da molteplici incarichi di natura istituzionale e legislature”. In aggiunta sono esclusi anche coloro che stano ricoprendo ruoli esecutivi nelle amministrazioni locali.

Restano molti interrogativi. Nell’assemblea di autoconvocati l’accordo è stato trovato sul documento programmatico, ma nel mare magnum di orientamenti e correnti c’è una componente che un dialogo col Pd non vorrebbe nemmeno prenderlo in considerazione. Diverso il discorso che riguarda Sel. All’assemblea si sono presentati – e sono stati accolti anche da qualche fischio –  il parlamentare vendoliano Giovanni Paglia e la coordinatrice regionale Elena Tagliani. A prendere parola è stato Paglia, che ha detto di condividere il documento programmatico. Per arrivare dove non è chiaro a tutti. Una strada potrebbe essere quella di portare i punto del documento di fronte ai candidati del partito democratico, e poi trattare. La domanda però è una sola: in caso di compromesso cosa farà l’assemblea? Di sicuro i vendoliani pro Tsipras hanno comunque bisogno, per questioni di equilibrio interno, di aprire un confronto col Pd, o quanto meno dimostrare di volerci provare.

La difficoltà per la lista Tsipras sarà quella di tenere assieme posizioni tanto differenti. Il pericolo per tutti gli attori in gioco, qualunque cosa succeda, è quello di non riuscire ad eleggere nemmeno un consigliere regionale.

Ecco il manifesto:

MANIFESTO PER LE ELEZIONI REGIONALI
“Siamo radicali perché la realtà è radicale”
(Alexis Tsipras)
L’Emilia Romagna è attraversata da una profonda crisi economica, sociale e ambientale che precarizza le nostre esistenze e soffoca l’economia un tempo florida. Una crisi scatenata dall’economia neoliberista degli ultimi trent’anni e dagli “aggiustamenti strutturali” imposti dalla Troika, assunti dai governi nazionali e trasferiti ai territori con vincoli di bilancio, tasse e riduzione degli investimenti. Una crisi che i governi regionali non sono stati capaci di arginare a sufficienza. Tutto ciò che nel tempo ha esaltato l’Emilia Romagna oggi è messo in discussione: il suo sistema scolastico e formativo, la qualità del welfare (sanitario e sociale), il suo patrimonio culturale e paesaggistico. E’ in crisi profonda il nostro sistema produttivo, quel modello emiliano-romagnolo un tempo invidiato in tutto il mondo e che oggi stenta a produrre e distribuire equamente ricchezza.
Viviamo ormai in un territorio “inquinato”: la cappa delle polveri sottili che incombe sulla pianura padana è alimentata da uno sviluppo superato e distorto, dominato dal “ciclo del cemento”, da un traffico veicolare privato insostenibile, da un sistema di smaltimento dei rifiuti arretrato, dal degrado conseguente l’abbandono della montagna, dalla devastazione degli alvei fluviali e dall’inadeguata manutenzione del territorio. Una regione inquinata anche dal clientelismo e dalla criminalità organizzata, di cui troppo tardi si è percepita l’estesa infiltrazione nel tessuto economico e sociale. È in crisi la democrazia in tutte le sue articolazioni, dai consigli di quartiere alle Province destrutturate senza un chiaro progetto, ai consigli comunali ridotti al silenzio da leggi che concentrano tutto il potere nelle mani dei sindaci e delle giunte. Una tendenza pienamente recepita dalle riforme del governo Renzi che, in nome della “governance”, mira a rendere anche le istituzioni statali organi non elettivi, senza un reale controllo democratico.
L’ideologia della “governance” nella nostra regione si è estesa da tempo alle società partecipate come Iren ed Hera, diventate vere e propri conglomerati che agiscono fuori dal nostro territorio, più dedite al conseguimento di ricchi dividendi per i soci privati e lauti stipendi al proprio management che all’interesse pubblico, scaricando i costi sulle bollette che pagano le persone. Una situazione insostenibile che porta all’indebitamento e alla privatizzazione di fatto, che è il vero fallimento della politica che ha reso questi soggetti società per azioni a suo tempo. Eppure esiste un’altra Emilia-Romagna che in questi anni non è stata a guardare. Un’altra Emilia-Romagna che ha difeso i diritti e i beni comuni come acqua, scuola, casa, lavoro e salute. Che ha vinto i Referendum, ma ha visto la peggior politica ignorare quei risultati. Che è impegnata nella difesa della Costituzione nata dalla Resistenza, capace di tessere reti di solidarietà e mutuo aiuto. Che ha prodotto singolari esperienze locali di produzione socialmente e ambientalmente sostenibile e liste civiche che stanno amministrando bene alcuni territori. Che è consapevole dell’attacco agli spazi democratici e agli strumenti di partecipazione popolare. Che crede che quegli spazi e quegli strumenti vadano non solo difesi, ma ampliati e ridefiniti, e da tempo chiede forme di partecipazione reali e riconosciute dalle istituzioni. Che mette a fondamento del suo agire i principi costituzionali di eguaglianza e solidarietà, che crede che l’istruzione sia un diritto e non un servizio a pagamento, che crede nella laicità e nel multiculturalismo. Chen valorizza la cultura.

La ricchezza di lotte, proposte e buone pratiche amministrative, in rete tra loro, è un patrimonio importante per uscire dalla crisi diversi e migliori, per raggiungere l’obiettivo di rendere la nostra regione la meno diseguale e la più solidale d’Europa. La Regione che vogliamo guarda al futuro con gli occhi dei precari, delle donne che non riescono a conciliare la maternità con una vita dignitosa, delle lavoratrici e dei lavoratori espulsi dal mondo del lavoro, degli artigiani e delle partite IVA a cui viene negato il credito per poter continuare ad essere produttivi, delle giovani coppie che non hanno accesso per i loro figli alla scuola dell’infanzia pubblica e non possono permettersi una casa, dei giovani single e di chi vive solo, di chi difende i propri diritti all’autodeterminazione nelle scelte riguardanti la vita, l’orientamento sessuale, la maternità e il fine vita, di chi è sprofondato nelle nuove povertà, dei terremotati e alluvionati, dei migranti che ci raggiungono fuggendo da fame e guerre.

Noi, in primo luogo, diciamo NO all’austerità e ai tagli alla spesa pubblica. Vogliamo rilanciare gli investimenti per un nuovo modello di società e di sviluppo che rafforzi il sistema di welfare e gestisca i beni comuni in forma pubblica e partecipata; che scommetta su una conversione ecologica dell’economia per contrastare la precarietà, difenda il lavoro, crei nuova occupazione di qualità. E’ indispensabile lavorare per una nuova società realmente solidale anche con l’introduzione del reddito minimo garantito. Diciamo No alle grandi opere inutili che devastano il territorio. Vogliamo un’economia fondata sul risparmio energetico e l’uso di energie pulite e rinnovabili, sulla difesa dell’ambiente e della salute, sulla salvaguardia del suolo, sui trasporti pubblici efficienti a supporto di un nuovo modello di mobilità, su un’agricoltura ecologica e biologica, sulla ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica e la formazione per sostenere e qualificare il sistema delle imprese locali, riconoscendo l’immensa ricchezza di quelle piccole e medie che, rinnovate e coordinate fra loro, potrebbero garantire la qualità della produzione e la dignità del lavoro. Un modello che, ripartendo dai cittadini e dai loro bisogni, ritorni al centro dell’innovazione sociale in un nuovo patto tra democrazia, partecipazione e sostenibilità e riporti la nostra altra Emilia Romagna ad essere protagonista nel dibattito nazionale ed internazionale. Le prossime elezioni regionali possono essere l’occasione per un percorso che, a partire dall’esperienza alle europee de “L’Altra Europa con Tsipras” e della sua presenza attiva, faccia nascere una lista aperta, di cittadinanza e di forti competenze che mobiliti persone, comitati, movimenti, esperienze civiche e forze organizzate, verso un’altra Regione che parli con chiarezza il linguaggio della partecipazione, della democrazia e dell’equità e del benessere sociale. Una Regione che non vuole lasciare indietro più nessuno, perché le persone vengono prima dei profitti.