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Lavoratori ex CIE. Ancora senza lavoro né ammortizzatori sociali

18 set. – Sono ancora senza lavoro 23 operatori dell’ex CIE di via Mattei e da qualche mese – da luglio nel migliore dei casi – hanno esaurito anche gli ammortizzatori sociali. “Una situazione molto drammatica” secondo il segretario del comparto Funzione Pubblica della Cgil Michele Vannini che questa mattina in conferenza stampa insieme ad alcuni lavoratori ha ribadito la gravità dello stato di cose.

Alla chiusura del CIE avvenuta il 30 giugno 2013 questi operatori hanno perso il posto senza ottenere alcun tipo di ricollocamento nella struttura che nel frattempo è stata riconvertita in Hub regionale di accoglienza per richiedenti asilo e affidata ad un consorzio di cooperative in assegnazione temporanea; esaurita anche la disoccupazione, o ASPI, a luglio nel migliore dei casi e a gennaio nel peggiore, queste persone sono rimaste senza alcun tipo di reddito. La beffa è che il Tribunale del Lavoro di Bologna aveva già condannato il consorzio Oasi a risarcire di 24 mensilità questi lavoratori; eppure, spiegano dalla CGIL, di queste mensilità Oasi ne ha coperta soltanto una. Il consorzio, con sede a Siracusa, aveva vinto l’appalto per la gestione dei CIE a Bologna e a Modena, appalto che è stato in seguito ritirato dal prefetto perché non venivano pagati gli stipendi degli operatori né venivano garantite condizioni decenti ai trattenuti nella struttura. Per Vannini la cattiva gestione di Oasi sarebbe alla base di tutti i problemi contrattuali: il consorzio “è sparito, nessuno lo trova più” nonostante questi lavoratori “avanzino ancora 20-30 mila euro tra competenze e arretrati in termini di stipendio, TFR e quant’altro”. Il segretario non nasconde il suo pessimismo in merito: “Per come è andata a finire la storia del consorzio Oasi è difficile pensare che questi lavoratori ottengano quanto gli spetta”, anche se si tratta di persone “che non sanno letteralmente come fare ad arrivare alla fine del mese, che non hanno i soldi per mantenersi quotidianamente”. “Sono indietro di cinque affitti da pagare, ho la Findomestic che mi corre dietro” è la testimonianza di Giuseppe.

Tra gli operatori serpeggia il sentimento di una grave ingiustizia subita per la cattiva gestione del consorzio Oasi. Questi lavoratori non si vedono infatti riconosciuta le competenze professionali specifiche di un lavoro che, spiega Daniele, 56 anni, si sono dovuti inventare. “Noi vogliamo e dobbiamo lavorare”, dice Riccardo, “invece siamo stati accantonati”. Per Mary invece, mediatrice culturale all’interno del centro, si tratta di una vendetta per le denunce riguardo le condizioni della struttura.

Oltre al pagamento degli arretrati la Cgil chiede il ricollocamento all’interno della struttura convertita in Hub, ricollocamento che non è avvenuto sebbene gli operatori abbiano anche mandato i curricula alle cooperative a cui la gestione dell’ex CIE è stata affidata provvisoriamente. Su tutto pesa come un macigno il silenzio della Prefettura che, essendo preposta ad erogare i bandi per la gestione dei CIE/CARA, dovrebbe essere il naturale interlocutore per intavolare delle trattative. Da Palazzo Caprara però, nonostante i diversi presidi del sindacato, non arriva nessuna risposta: “le ultime richieste di incontro”, spiega Vannini, “risalgono a luglio e agosto, ma ad oggi non abbiamo ottenuto nessuna risposta formale“.

Un “gioco al nascondino poco divertente” a cui si aggiunge la questione del bando che dovrebbe affidare la prossima gestione della struttura e nel quale la CGIL vorrebbe una clausola sociale per il reinserimento dei lavoratori licenziati. Il 30 settembre scadrà infatti la concessione provvisoria, ma la Prefettura non ha ancora fatto sapere quando uscirà il nuovo bando, né se sarà al massimo ribasso (come i precedenti) nonostante le proteste dei sindacati e non solo riguardo a questa modalità che non garantirebbe una qualità sufficiente del servizio. Probabilmente, spiega Vannini, ciò porterà ad una proroga all’assegnazione provvisoria.

Infine, dalla CGIL un appello di responsabilità a tutti i soggetti che si sono battuti per la chiusura del CIE, per Vannini una “battaglia di civiltà” in cui gli operatori della struttura, denunciando “da dentro le barbarie che avvenivano” hanno giocato un ruolo di primo piano.

Beniamino Della Gala

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