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La scuola italiana? “Mediocre e statica”

In piedi al centro Norberto Bottani. Alle sue spalle Laura Azzoni e Paolo Ferratini

Bologna, 17 ott. –  Alla festa di idee del Mulino si parla di scuola. E non può essere altrimenti visto che la rivista, che quest’anno festeggia le 60 candeline, è nata a livello ideale nei bagni del liceo Galvani di Bologna. “C’era il fascismo e ci riunivamo nei gabinetti per discutere di politica”, ricorda l’87enne Luigi Pedrazzi, tra i fondatori e principali animatori del gruppo del Mulino.

Tra i tanti relatori al convegno “Insegnare e imparare” ha preso la parola anche Norberto Bottani, esperto di politiche scolastiche, già alto funzionario Ocse e ora direttore del servizio per la ricerca educativa del Cantone di Ginevra. Bottani, che per il Mulino ha da poco pubblicato “Requiem per la scuola“, tenta di dare una risposta semplice ad una domanda complessa. Il sistema scolastico italiano è peggiorato? “Molte cose sono cambiate rispetto ad esempio a 150 anni fa quando è stato creato il sistema statale italiano – spiega Bottani – a non essere cambiato è il modo di operare”. La funzione del sistema scolastico italiano, spiega Bottani, è rimasta identica a quella di un tempo. “Si tratta di creare persone obbedienti, passive,  disciplinate e capaci di apprendere alcuni comportamenti di base. Non è cambiato nemmeno il modo con cui questa funzione è imposta: con un ministero pachidermico e con un personale in esubero enorme. Ho visitato parecchie scuole, e sono impressionato da tutte queste persone. Cosa fanno?”. Globalmente, racconta Bottani, “il sistema scolastico italiano è mediocre e statico, con enormi disparità al suo interno. Queste differenze sono anche il segno della pessima politica che c’è stata, e cioè dell’incapacità di creare un sistema omogeneo  con una buona qualità dell’istruzione. In Italia tutto questo non c’è”.

Come per tutti gli altri temi di discussione, anche l’intervento di Bottani è stato seguito dalle repliche di due insegnati, Laura Azzoni del Liceo Minghetti di Bologna, e Paolo Ferratini del liceo Copernico. “Guardiamo alla scuola con preoccupazione ma anche con speranza”, ha detto Azzoni. “La scuola italiana è molto migliorata, si è democratizzata ed è meno autoritaria”, ha detto Ferratini. Ferratini ha posto l’accento su “due mutamenti di paradigma veri”: il cosiddetto “longlife learning” o educazione permanente, e il sistema dell’istruzione professionale. “C’è stata una crescita davvero importante e 300mila studenti negli ultimi anni sono entrati direttamente nel sistema di istruzione professionale. Segno che non si tratta più di una seconda o terza scelta, ma di qualcosa capace di garantire prospettive reali”. La conclusione di Ferratini è polemica: “Di tutto questo però nella riforma della Buona Scuola (annunciata dal premier Matteo Renzi, ndr) non vi è traccia”.

Questo è invece è l’intervento di apertura di Luigi Pedrazzi. Pedrazzi tra le altre cose ha ricordato la sua gioventù durante il fascismo. “Le mie prime 500 lire – racconta scherzoso – le guadagnai vincendo il concorso ‘Perché amo il Duce’. E il professore mi sussurrò: ‘Pedrazzi, hai fatto schifo’”.

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