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Iosonouncane e Serena Locci: “Buio” dal vivo

18 dic. – Non abbiamo resistito: quando il breve ma intenso tour in acustico di DIE è passato dal Locomotiv Club ai primi di dicembre, abbiamo voluto di nuovo Iosonouncane nei nostri studi per una brevissima comparsata live. Lo showcase di Maps che vi proponiamo, però, ha una variazione importante rispetto all’anteprima in acustico che Jacopo Incani ci ha regalato ad aprile: nel tour e in studio c’era con lui Serena Locci, la voce che è una delle innervature del bellissimo album dell’artista sardo. “Serena, insieme al coproduttore artistico Bruno Germano, è il collaboratore principale del disco, la voce, la carne, la sua anima femminile”, ha confermato Incani, raccontandoci il perché di questo tour acustico. “Ho trasformato le canzoni per contesti particolari, come le radio e la rassegna Artrockmuseum di Palazzo Pepoli e mi sono accorto che le canzoni vivevano di vita nuova, rispetto alla loro ‘veste ufficiale’: la cosa funzionava e mi divertiva”.

Abbiamo approfittato della presenza di Jacopo a mesi di distanza dall’uscita del disco per capire qual è la sua prospettiva delle numerose e acclamate date del tour “normale” di DIE e per tornare sul concetto di “pop”, centrale nella produzione di Iosonouncane: “Mi sono formato ascoltando dischi che fanno lavoro di contaminazione interna ed esterna, quelli usciti tra 1966 e 1973, da Pet Sounds dei Beach BoysRock Bottom di Robert Wyatt. Sono dischi che giocano con la forma popolare per mischiarne le carte e cambiarne l’ordine e trovare, attraverso questo processo, delle soluzioni inedite. Il fatto che abbia inserito nel disco ‘Stormi’, un pezzo smaccatamente pop, è stato naturale: il pubblico risponde bene quando lo suono e questo non può che farmi piacere.”

DIE è un disco dai temi universali, ma abbiamo chiesto a Jacopo come abbia reagito il pubblico sardo alle parole e alle musiche dell’album: “Ora, rispetto a prima, il pubblico della mia Regione è molto ampio e, per quanto il disco non sia sulla Sardegna, utilizza il lessico sonoro di quella terra per arrivare ad un archetipo. Inevitabilmente, se dico ‘sale’, ‘riva’ e ‘sole’ un ascoltatore sardo identifica al mio stesso modo quei termini, per quanto non li abbia scritti per indicarli specificatamente.”

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