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“Indignatevi per il bimbo morto, non per la foto. E scendete in strada”

Raccolta dei pomodori a Foggia, estate 2008. Dieci ore al giorno per 20 euro di paga. Foto Livio Senigalliesi

7 sett. – “Boat people, boat dream. Gli italiani e l’immigrazione”, è una mostra fotografica di Livio Senigalliesi, uno dei più noti fotoreporter italiani. Con la sua macchina fotografica Senigalliesi ha immortalato lo storico ingresso del mercantile Vlora, stipato di ventimila profughi albanesi, nel porto di Bari. Era l’otto agosto del 1991. Due decenni dopo Senigalliesi  ha ritratto i profughi tratti in salvo a Lampedusa e ha descritto le odissee quotidiane degli immigrati protagonisti della rivolta di Rosarno, delle prostitute africane schiavizzate sul litorale domizio, dei rifugiati afghani dimenticati per anni alla Stazione Ostiense di Roma e dei siriani confinati sulle Alpi, senza documenti né assistenza sanitaria, a 1.800 metri di altezza.

A San Marino (Palazzo Graziani, dalle 9 alle 17 fino al 4 ottobre) vengono presentati alcuni dei suoi scatti più significativi, capaci di documentare casi di emarginazione estrema ed esempi di integrazione, delusioni quotidiane e grandi speranze.

Abbiamo intervistato Senigalliesi a Riccione, in occasione del Dig Award, il festival del giornalismo televisivo d’inchiesta. “Partiamo dalla foto del bimbo morto sulla spiaggia“, ci ha detto.

“Quella foto non mi ha stupito, ne ho scattate tante così, quello che mi indigna è il fatto che un bambino muoia in questa maniera. La gente dovrebbe scendere nelle piazze con quella foto nelle mani per chiedere leggi più giuste. E’ arrivato il momento della verità: queste migrazioni continueranno per i prossimi 20 anni. Servono regole umane, al di fuori dell’emergenza”. A Senigalliesi abbiamo chiesto di scegliere due foto tra le tante esposte alla mostra “Boat people, boat dream”.

La prima è una foto scattata alla stazione di Brescia nel 2014. “Un migrante spiaggiato, senza memoria né aiuto. Sono stato giorni a parlare con lui e gli ho donato il mio sacco a pelo perché aveva freddo e non sapeva dove stare”. L’altra foto è quella di uomo sorridente, ospitato nel parmense dal Ciac, Centro Immigrazione Asilo Onlus. “Ora quest’uomo ha una casa e un lavoro, la dimostrazione che un’ospitalità è possibile”.

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