In oltre 170 a Bologna per la presentazione del libro negazionista

Pienone al Baraccano per Compagno Mitra: ex missini e giovani rampanti di Forza Italia tutti uniti dall’anticomunismo. A porta Santo Stefano il presidio dell’Anpi:

Radio Città del Capo - In oltre 170 a Bologna per la presentazione del libro negazionista

“Lo ammetto: ho rubato anche dei documenti, dovevo tutelarmi visti i processi. Ho usato l’inganno, ma dopo tutto anche la Resistenza lo aveva usato.. Andavo dai partigiani, mi presentavo come funzionario dell’Anpi o dell’Istituto storico della Resistenza e allora, vinte le prime ovvie resistenze, mi invitavano in casa…” A parlare è Gianfranco Stella, l’autore di Compagno Mitra, il libro negazionista presentato a Bologna in una sala Biagi al Baraccano piena zeppa di nostalgici e giovani rampanti di Forza Italia. Colui che si autoproclama “saggista della destra cattolica” è stato invitato sotto le Due torri da Azione Universitaria, quel che resta del Fuan. A far gli onori di casa sono stati il deputato di Forza Italia Galeazzo Bignami e il consigliere comunale dello stesso partito Marco Lisei, le due anime nere bolognesi del partito di Berlusconi. In platea quel che resta del Movimento sociale bolognese e giovani rampanti di Forza Italia; unico comune denominatore: l’anticomunismo viscerale.

All’esterno, in piazza di porta Santo Stefano, il presidio indetto dall’Anpi ha raccolto poco meno di un centinaio di persone. Anna Cocchi, la presidente dell’associazione dei partigiani bolognesi, ha ripetuto il motivo della contestazione: “Quello non è un libro di storia, è un libro di calunnie ai danni delle donne e degli uomini che hanno lottato per la nostra libertà”.

A sorvegliare il tutto decine e decine di agenti di polizia, del Reparto mobile e della digos, che filtravano su via Santo Stefano le persone in transito. Il consigliere di quartiere di Coalizione Civica Detjon Begaj ha detto di essere stato perquisito dagli agenti mentre provenendo dal centro si stava dirigendo verso il presidio dell’Anpi.

La Resistenza è stata una lotta di classe marxista con chiare connotazioni mafiose” inizia Stella che alle domande della presentatrice, Dalila Ansalone, presidente di Au, ha detto di preferire “un monologo“. Monologo che dura una mezz’ora, interrotto da qualche applauso, in cui tra imbarazzanti lacune storiche, attacchi al presidente partigiano Pertini, ricostruzioni ammiccanti e quasi assolutorie del Regime fascista e delle responsabilità di Mussolini, Stella si infervora e in un crescendo retorico conclude il suo intervento con una citazione di Pasolini anticipata da queste parole: “Pasolini non mi era simpatico perché pederasta e comunista però..” Stella ricorda anche i processi subiti, “tutti vinti” dice, salvo poi aggiungere di avere dovuto sostenere molte spese processuali e aver subito pignoramenti: tutti elementi che ne fanno un “martire” dell’anticomunismo, quasi un vate per i 170 del Baraccano. E poco importa se questo lavoro è stato condotto con l’inganno e quindi senza onore, come lui stesso ammette. A chi gli chiedeva, prima che iniziasse la presentazione, di cosa si sarebbe occupato nel prossimo libro Stella ha risposto che “non ci sarà un prossimo libro, questo è l’ultimo“.

Quando è il suo turno, l’onorevole Bignami non si risparmia e attacca a testa bassa l’Anpi e, anche lui in un crescendo di retorica, parla di orgogliosa appartenenza alla storia della destra italiana (che significa fascismo, ndr), di lotta di verità da condurre contro la retorica della Resistenza e annuncia che prossimamente andrà a San Pietro in Casale dove in un campo sono sepolte le spoglie di “tre fascisti uccisi dai partigiani comunisti”, notizia che avrebbe avuto dal figlio di una anziana che è morta da poco. Nel corso del suo intervento Bignami ha continuato a propalare una menzogna ha parlando della vicenda di Mario Musolesi, comandante della brigata autonoma Stella Rossa, nome di battaglia Lupo. Secondo Bignami Lupo sarebbe stato ucciso dai suoi compagni perché non comunista e per questo la famiglia non avrebbe voluto che venisse seppellito nel sacrario di Marzabotto. La verità è però un’altra: ad uccidere Mario Musolesi fu Kurt Wolfle, portaordini della I compagnia della 16esima divisione Ss, in un conflitto a fuoco il 29 settembre 1944, come si legge nella sentenza di primo grado del Tribunale militare di La Spezia che ha condannato gli ufficiali responsabili della strage di Monte Sole. E’ vero che una sorella del Lupo, nel primo dopoguerra, accusò dell’uccisione un vice commissario della brigata che però processato fu assolto. Inoltre, Mario Musolesi non è sepolto nel sacrario di Marzabotto semplicemente perché le sue spoglie sono inumate nel Monumento Ossario ai caduti partigiani di Bologna in Certosa

Al termine della serata, mentre Stella iniziava il firmacopie, l’unica domanda dal pubblico l’ha posta Dario Mingarelli, rappresentante della Regione nel Comitato onoranze ai Caduti di Marzabotto, che ha chiesto se fosse possibile una pacificazione. La risposta l’ha data Bignami dicendo che con chi vuole impedire la verità è impossibile la pacificazione.