In Abruzzo (e nel resto d’Italia) non vogliono il sangue dei bolognesi. Ecco perchè
L’Ausl ci ha spiegato perchè in alcune regioni non vogliono il sangue dei bolognesi

Bologna, 6 ago. – “Prima di donare il sangue mi hanno fatto compilare un modulo, uno in più rispetto ai moduli consueti, in cui mi si chiedeva se negli ultimi 28 giorni avessi o meno soggiornato in alcune province dell’Emilia Romagna, tra cui quella di Bologna”. Francesca è residente a Vasto, in Abruzzo, ma da anni vive e lavora a Bologna. Appena tornata “giù” per le vacanze estive, ha scelto di andare a donare il sangue. Essendo Vasto una località turistica, in estate aumenta il fabbisogno di sangue. Ma Francesca non ha potuto donare perché aveva vissuto a Bologna.
E perché? “Mi hanno detto che non avrei potuto donare- spiega Francesca- perché, a differenza della provincia di Bologna, non avrebbero potuto effettuare dei controlli celeri sul mio sangue per un’eventuale infezione da puntura di zanzara“. La sanità abruzzese, così come accade molti altri servizi sanitari regionali, sta attuando risparmi strutturali e per questo ha sottoscritto con il ministero della Salute un piano di rientro per ridurre il deficit. E come conferma l’ufficio stampa dell’Asl 2 Lanciano-Vasto-Chieti, non ha quindi soldi a sufficienza per sottoporre a screening tutto il sangue che viene raccolto.
L’infezione in questione, per cui in Abruzzo (ma anche in tutto il resto del Paese) non vogliono il sangue dei bolognesi, è la West Nile, una febbre molto forte provocata da un virus che può portare a ripercussioni sul sistema nervoso centrale e anche alla morte. Il virus viene trasmesso all’uomo principalmente attraverso le punture delle zanzare, mentre può essere trasmesso da persona a persona attraverso la donazione di sangue. Nel 2013 furono segnalati alcuni casi di West Nile nella provincia di Bologna. Il centro nazionale sangue ha diramato da poco una circolare in cui si sospende dalla donazione coloro i quali abbiano soggiornato, anche per una sola notte, nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Udine, Vicenza, Brescia, Lodi e Olbia-Tempio Pausania. In queste province è stato segnalato, negli animali, il virus West Nile.
“Fino all’anno scorso- spiega Claudio Velati, direttore del Centro Regionale Sangue Emilia Romagna– il modo per prevenire la diffusione della sindrome neuro-invasiva, in tutto il mondo, era che appena si riscontrava un caso di infezione umana si sottoponeva a screening specifico anche i donatori”. Il test in questione è un esame di biologia molecolare molto costoso e il centro nazionale sangue ha stabilito che la finestra di introduzione di questo test sul sangue donato durava dal 1 luglio al 30 novembre.
“La Regione Emilia Romagna ha già da tempo introdotto un sistema di vigilanza veterinaria ed entomologica raffinatissimo” spiega Velati, che consente, attraverso lo studio delle zanzare e degli uccelli migratori, la presenza sul territorio regionale del virus prima che si manifesti nell’uomo. Una volta individuato il virus negli animali, parte l’allerta al centro regionale del sangue che introduce lo screening sul sangue dei donatori. In questo modo, spiega Velati, il sistema architettato tra diversi servizi regionali consente da un lato di prevenire la diffusione del virus perché lo si “intercetta” prima ancora che colpisca l’uomo (evitando così che un donatore possa passare il virus al ricevente) ed inoltre si risparmia denaro perché non si sottopone a screening tutto il sangue donato.
Insomma, chiarito il motivo per cui a Francesca è stato impedito di donare sangue a Vasto. In Emilia Romagna, nelle provincie di Bologna, Modena, Parma e Reggio Emilia è stato riscontrato il virus West Nile negli animali e, di conseguenza, è stata attivato in regione lo screening sui donatori. In Abruzzo e in molte altre regioni, invece, l’esame non possono farlo e preferiscono stare sul sicuro e non raccogliere il sangue di chi ha soggiornato a Bologna e dintorni.