Imprese femminili ancora in calo in Emilia-Romagna

Sono il 20,4% del totale, contro il 22,2% nazionale. Il calo è dovuto soprattutto alla flessione delle ditte individuali, spiega Unioncamere

Radio Città del Capo - Imprese femminili ancora in calo in Emilia-Romagna

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Bologna, 3 nov. – Continua la flessione delle imprese femminili presenti in Emilia-Romagna. Lo segnala l’ufficio studi
di Unioncamere, che ha elaborato i dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio: a fine settembre le imprese “rosa” erano 84.611, pari al 20,4% del totale. “La tendenza sui 12 mesi e’ negativa, determinata- scrive Unioncamere- dalla flessione delle ditte individuali (475) e contrastata dalla crescita delle societa’ di capitali (372)”. L’occupazione femminile “relativamente elevata e un avanzato sistema economico regionale- continua la nota- contengono il ruolo delle imprese marginali e dei settori tradizionali e quindi anche la quota di imprese femminili”. L’Emilia-Romagna, cosi’, rientra tra le sole quattro regioni italiane con una quota di imprese femminili inferiore a quella nazionale (22,2%): le altre sono Trentino-Alto Adige (17,6%), Lombardia (18,7%) e Veneto (19,6%).
“Le imprese femminili adottano forme giuridiche meglio strutturate- sottolineano da Unioncamere- per aumentare
competitivita’, capacita’ di innovazione e internazionalizzazione e per fronteggiare la crisi e il blocco del credito, che
schiaccia le imprese marginali”. Nel dettaglio, in un anno le societa’ di capitale al femminile sono aumentate del +3,1% mentre quelle non femminili dell’1,1%. Le ditte individuali hanno accusato una flessione dello 0,8% e quindi meno ampia di quella delle non femminili (-2%). Il 21,4% delle imprese femminili e’ attivo nel commercio al dettaglio e il 5,6% in quello all’ingrosso. Le altre principali divisioni di attivita’ in cui operano sono l’agricoltura (15,5%) e i servizi alla persona (10,9%). La maggiore presenza relativa si riscontra proprio in quest’ultimo settore (66%), seguito dall’assistenza sociale non residenziale (54,5%) e dall’industria delle confezioni (48,2%).
Unioncamere, infine, segnala che la modifica della definizione delle imprese femminili, intervenuta ad inizio anno, “rende impossibile il confronto con il passato per l’aggregato e per i settori di attivita’”.