Il partigiano Italiano: “In guerra di bello non c’è niente”

Partigiano in montagna, gappista in città e comandante della polizia partigiana che aveva il compito di uccidere le spie. Renato Romagnoli non ha rimpianti né rimorsi:

Radio Città del Capo - Il partigiano Italiano: “In guerra di bello non c’è niente”

Renato Romagnoli è entrato nella Resistenza giovanissimo. La sua guerra è iniziata il 27 luglio 1943 quando fu arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver organizzato gli scioperi per la pace. Passò quell’estate in carcere e, dopo l’inverno, salì in montagna. Era comunista e le direttive del partito in quel periodo prevedevano che i combattenti del bolognese fossero mandati nelle montagne sopra Belluno. Ci arrivò nei primi giorni del marzo 1944 e ci rimase poco: la fame e una costituzione non proprio di ferro lo costrinsero a tornare a Bologna. Ma con la promessa che sarebbe stato inquadrato tra i combattenti di città. Nell’aprile del 1944 entra nella VII Gap. Il 7 novembre combatte con altri trecento partigiani a Porta Lame.

Nel dicembre del 1944, dopo le battaglie di porta Lame e della Bolognina e, soprattutto, dopo il proclama Alexander che fermava l’avanzata anglo-americana, riprende con forza la repressione di nazisti e fascisti contro il movimento partigiano. Per questo motivo il Comando Unico Militare dell’Emilia Romagna, emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale, decise di istituire la Polizia partigiana che aveva il compito di eliminare le spie che si erano infiltrate nel movimento partigiano. Italiano divenne comandante di una delle due squadre bolognesi.

Il 25 aprile la sua formazione consegnò le armi: “Non eravamo d’accordo me le abbiamo consegnate. La pistola no, quella l’ho tenuta. Ma non ha più sparato dopo il 25 aprile”. Non sono mancati gli errori tra gli ex partigiani: “Qualcuno ha continuato a sparare anche tempo dopo, ma sbagliava”. Forse “qualche partigiano aveva ancora in testa il nome di qualche spia fascista e ha pensato fosse suo dovere eliminarla”. Di certo non ci fu un ordine del Partito in questo senso: “Il Partito era contrarissimo, non tollerava queste cose“.

Anche per Renato Romagnoli i primi anni del Dopoguerra furono molto difficili: indagini, processi, mesi di prigione ma alla fine nessuna condanna. Come per Lino Michelini, il partigiano William, compagno di lotta e amico di Italiano.

Renato Romagnoli oggi ha 92 anni ed è presidente onorario dell’Anpi di Bologna. E sì, in un periodo della sua vita ha fatto cose di cui non si vanta, cose dure, ha ucciso, ma era guerra, la guerra che avevano voluto i fascisti. E lui e i suoi compagni facevano guerra alla guerra. Per questo noi non possiamo non essere loro grati di averla combattuta.