Sonia Zanotti doveva tornare a casa, in Trentino Alto Adige, il 2 agosto 1980. Aveva 11 anni all’epoca e aveva trascorso le vacanze estive dai nonni nel bolognese, a Castel del Rio. Era in stazione, quel sabato, insieme alla cugina più grande di una decina d’anni: avevano perso il treno delle 8:30 per il Brennero e dovevano aspettare il successivo. Di quella giornata, che l’ha costretta a 13 anni di interventi e ricoveri, che la segnata nel corpo e nell’animo, Sonia ricorda quasi tutto.
La bambina che aveva tanti sogni, tra cui quello di diventare una campionessa di sci, dopo quel giorno ha conservato, oltre alle cicatrici, un senso di colpa comune nei sopravvissuti alle stragi, che corrisponde alla domanda “perché io ce l’ho fatta e altri no”. Ma a questa ingiustizia che colpisce le vittime e quasi mai i colpevoli Sonia ha voluto rispondere con un gesto di positività, organizzando da qualche anno a questa parte una staffetta podistica che dall’Alto Adige arriva a Bologna: “A questo vuoto ho trovato un senso nel mantenere vivo il ricordo”.
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