Paolo Lambertini aveva “14 anni e mezzo” il 2 agosto 1980. Abitava a Casalecchio e aveva da poco finito il primo anno dell’istituto agrario. Quel sabato mattina era andato sul lungo Reno dove aveva un orto. Ritornato in casa aveva ricevuto una telefonata da un suo vecchio amico di scuola delle medie, di cui con l’inizio delle superiori aveva perso un po’ i contatti: era strana quella telefonata e quando l’amico gli chiese di passargli la nonna, Paolo capì che era successo qualcosa di brutto. La nonna di Paolo parlò al telefono con la mamma del suo amico e poi accese il piccolo televisore della cucina: “Ricordo il fermo immagine che si trovava alle spalle del giornalista con l’ala ovest della stazione crollata”. Paolo sapeva che proprio lì, dove adesso c’erano le macerie, ci doveva essere sua mamma, Mirella Fornasari.
Mirella lavorava alla Cigar, la società che si occupava delle ristorazione in stazione. Da qualche anno lavorava negli uffici della società di via Marconi 52 ma quel sabato le fu chiesto di andare a lavorare nell’ufficio che si trovava proprio sopra la sala di aspetto di seconda classe, quella in cui i terroristi lasciarono la bomba. Il suo corpo fu l’ultimo estratto dalle macerie: lo trovarono in un lembo di soffitto sospeso nel vuoto.
A Paolo i terroristi dei Nuclei Armati Rivoluzionari, Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Pierluigi Ciavardini, portarono via la mamma Mirella, la sua “guida”; gli tolsero la spensieratezza e lo costrinsero a crescere molto più in fretta. Paolo, anche se non risulta tra i feriti della bomba, si sente vittima di quell’attentato ed è riuscito a tradurre in azione civile il suo dolore impegnandosi nell’associazione famigliari delle vittime fin quasi dalla sua fondazione.
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