A distanza di quasi un anno dall’uscita del suo secondo lavoro discografico The Shore (A Simple Lunch, 2014), il riminese Fabio Mina sarà ospite in studio domenica 1 marzo a Folk Bottom per approfondire gli aspetti essenziali della sua personale ricerca sonora, vista come ideale sintesi del suo profondo interesse per i suoni etnici e la musica sacra antica. Un percorso intenso d’indagine in cui confluiscono tanto le sue esperienze nel campo dell’improvvisazione e della composizione, come anche lo studio meticoloso ed emozionale di differenti strumenti a fiato di variegate tradizioni geografiche: bansuri (India), dizi e bawu (Cina), duduk (Armenia), shakuhachi (Giappone), ney (Medio-oriente),fujara e koncovka (Slovacchia), khaen (Thailandia).
Questa predisposizione e volontà politimbrica si avvale dal 2007 anche della preziosa collaborazione di Markus Stockhausen, tra i musicisti più influenti della sperimentazione a cavallo tra jazz, ambient ed etnica, del quale persevera la poetica della cosiddetta “musica intuitiva”“, da intendere principalmente come metodo volto a liberare, attraverso il linguaggio aperto dell’improvvisazione, le componenti emotive ancestrali più intime e nascoste. Con lo stesso Stockhausen, che ha prodotto il suo primo album Vìreo (Aktivraum, 2011), continua tuttoggi a soffermarsi sul dialogo tra l’esplorazione libera dei suoni puri dei flauti e della tromba e del filicorno, campionamenti, field recordings e live electronics. In particolare, l’ascolto di “The Shore”, testimonia di una conversazione segreta con le possibili relazioni del suono ambientale e delle molteplici metamorfosi atmosferiche dei suoi elementi (mare, sabbia, pioggia, aria, onde, rocce, ecc): “Il mare è poi in grado di far risuonare elementi architettonici e naturali che vengono colpiti o sfiorati dalla sua forza, ampliando ulteriormente lo spettro, l’organico della sua orchestra […] Gli strumenti che suono sono legati simbolicamente alla natura, all’acqua, all’aria, al mondo percepibile attraverso i sensi, ma rappresentano anche “voci” del mondo spirituale, piu ancestrale e intimo. Non esiste dualità tra cio che percepiamo con i sensi e quello che sentiamo con lo spirito”.
Sono queste le ideali coordinate di viaggio dell’esploratore Mina, la cui ampia visione di un nuovo archetipo di “immaginario etnico” lo colloca con merito nell’Olimpo accanto ad altri maestri e navigatori del suono sacro come Jon Hassell, Jan Garbarek, Paul Winter, Paul Horn, Stephan Micus, Egberto Gismonti o Ariel Kalma.
(a cura di Andrea Maria Simoniello)
https://www.radiocittadelcapo.it/programmi/folk-bottom/
http://stringsintheearthandair.blogspot.it/2015/02/folk-bottom-vol19-2st-fabio-mina.html
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