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Eritrea democratica: “Non ballate sui morti di Lampedusa”

Bologna, 4 lug. – Il coordinamento Eritrea democratica è riuscito a riunire a Bologna alcune decine di manifestanti per contestare la prima giornata del Festival eritreo in corso nell’area del Parco Nord. I manifestanti provenivano da tutta Europa: Norvegia, Germania, Scozia, Inghilterra, Svezia e Italia. Sono i principali paesi che hanno accolto, nei decenni passati, la diaspora eritrea.

Iniziata quando era ancora in corsa la guerra di indipendenza dall’Etiopia, la diaspora eritrea è stata accolta in molti paesi dell’Europa e non solo. La sinistra europea ha spesso aiutato il Fronte di Liberazione del Popolo eritreo. E in questa storia di solidarietà internazionale un posto di rilievo spetta a Bologna. Sotto le Due torri il festival eritreo si tenne per la prima volta nel 1974: allora era sindaco Renato Zangheri e a governare era il Partito Comunista. L’ultima edizione si tenne nel 1991 quando, dopo 30 anni di lotta armata, sostenuta economicamente e non solo dagli emigrati eritrei, il Fronte vinse la guerra e liberò il territorio del piccolo paese del Corno d’Africa. Proprio per celebrare il 40esimo anniversario di quel festival quest’anno il governo di Isaias Afewerki ha scelto Bologna.

In quarant’anni molto è cambiato. In Italia, ma anche e soprattutto in Eritrea. Il Fronte dopo la vittoria del ’91 ha cambiato nome in Fronte popolare per la democrazia e la giustizia. “Ora in Eritrea non ci sono né democrazia né giustizia” dice una manifestante del coordinamento Eritrea democratica. “Isaias (Afewerki,ndr) è un dittatore che opprime la nostra gente, i giovani soprattutto” aggiunge un altro che ricorda come, secondo stime Onu, oltre 2 mila giovani ogni mese fuggano dal paese in cerca di libertà. Molti di questi giovani, quelli con meno disponibilità economiche sono costretti a viaggi lunghi e pericolosi e molti di loro sono tra le innumerevoli vittime dei naufragi dei barconi nel canale di Sicilia.

Da cui l’accusa dei manifestanti al festival: “State ballando sui morti di Lampedusa” dicono mentre in presidio, davanti all’ingresso del Parco Nord che dà verso la Fiera, depositano due finte bare davanti allo schieramento di Carabinieri in tenuta antisommossa. Con loro ci sono anche alcune decine di attivisti dei centri sociali Tpo, Làbas e Xm24. Tante bandiere, degli stati europei, dell’Europa, della Pace e anche vecchie bandiere eritree azzurre con al centro un ulivo in verde. “Era la bandiera prima dell’indipendenza” spiega una manifestante. “Vedi – aggiunge – l’ulivo è lo stesso simbolo che Afewerki ha messo nella nuova bandiera dell’Eritrea, quella riconosciuta dall’Onu. In realtà – spiega – quella è la bandiera del Fronte a cui ha sostituito la stella con l’ulivo”. Mentre parla indica le bandiere issate dentro l’area del festival: righe orizzontali verde e azzurra coperte da un triangolo rosso in cui spicca, alternativamente, l’ulivo e la stella. “In Eritrea c’è un partito unico – raccontano i manifestanti – il presidente nel 2001 ha fatto arrestare 15 ministri e di loro non si sa più nulla”.

I manifestanti eritrei indossano magliette bianche con sopra alcune scritte. Una è scritta in italiano, inglese e arabo e recita “Basta la dittatura in Eritrea”. L’altra, la prima, è scritta in tigrino, la lingua più parlata in Eritrea, e si conclude con un punto interrogativo. “Dov’è tuo fratello”: è rivolta alle persone dall’altra parte della recinzione, quelle dentro il festival: “Vogliamo mostrare loro che si può uscire dalla gabbia costruita dal regime” dicono i manifestanti.

Sabato il coordinamento tornerà ai cancelli del Parco Nord e proverà nuovamente a far arrivare all’interno la voce dell’opposizione al governo Afewerki. Nel pomeriggio, alle 17, i manifestanti si trasferiranno invece in piazza Maggiore per un evento pensato per “informare i bolognesi sulla situazione in Eritrea”.

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