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Emilia a 5 stelle?

E se il Movimento 5  Stelle fa il sindaco, a Parma o a Budrio? Difficile ma non impossibile. Questa era la domanda fino a domenica. I fatti hanno detto com’è andata. Occuparsi della centrale a biomasse, degli inceneritori, della partecipazione e del cemento che ingolfa le città porta voti: è questa la novità.

Ma perché proprio qui in Emilia il Movimento 5 Stelle  ha attecchito così bene? Perché questa è la stessa “emilia rossa” che ha partorito nel secolo passato le leghe contadine, che è stata la culla del mutuo soccorso operaio e del movimento cooperativo: reti solidali del mondo pre-internet, motori dell’emancipazione del proletariato operaio e contadino. Strutturandosi la lotta è diventata anche governo riuscendo a mantenere alta, almeno fino agli anni ’70, la capacità di interconnettere le generazioni e di promuovere il protagonismo sociale e l’emancipazione di classe.
Da trent’anni però questo motore si è ingolfato e con la crisi è andato completamente in panne: classi dirigenti autoreferenziali, baronati, esclusione dalla partecipazione e assenza di immaginazione politica,  sono il male che attanaglia il Pd “di governo” e la sinistra tutta.
Visto che in politica il vuoto non esiste, ecco dunque che si è aperto un grande spazio. In passato non ne ha potuto beneficiare la Lega, che pur avanzando non ha mai veramente sfondato. Le sue istanze risultavano troppo distanti dal solidarismo emiliano. Quella della Lega è un’utopia negativa: è fondata sull’individuazione del nemico (il “terrone”, l’immigrato), è egoistica e si basa sulla mitologia di un territorio mistificato, chiuso e autosufficiente.
Diversamente l’M5S fa rete e propone una sua utopia positiva: le 5 stelle identificano le cinque istanze primarie (acqua pubblica, trasporti, sviluppo, connettività e ambiente).
E la partecipazione è praticata anche in carne e ossa, non solo in rete.
Dunque qui da noi passare dalla stella rossa alle 5 stelle è molto più facile che abbracciare la stella verde del sole delle alpi.
Provare a conquistare le città sfidando il Pd in casa sua è stato un bel banco di prova, ma la vera “battaglia di Stalingrado” per i grillini in realtà inizia adesso.

Il Comune di Parma infatti ha 600 milioni di debiti. Poco prima delle elezioni, proprio da queste frequenze, veniva posto un interrogativo drammatico ai due candidati: “Nelle casse del Comune ci sono poco più di 25 milioni di euro ma i debiti con i fornitori ammontano a 35 milioni: entro giugno in sostanza, il nuovo sindaco dovrà decidere se pagare gli stipendi ai dipendenti o se pagare i fornitori. Idem per una delle partecipate del comune quella che gestisce, tra l’altro, gli asili e le scuole: in cassa ci sono 700mila euro e i debiti ammontano a 37 milioni”.
Se tanto mi da tanto, il neo sindaco Pizzarotti non se la passerà tanto bene.
E’ accerchiato. Il Pd che governa tutto intorno (la Provincia, la Regione…) gli farà terra bruciata. Non gli faranno passare nulla:  cercheranno con qualsiasi scusa o cavillo di ostacolare ogni finanziamento. Quello che avrebbe avuto Bernazzoli, poco o tanto, sarà negato a Pizzarotti, che non troverà  sostegno  (né soldi..) neanche se comparisse la Madonna in piazza Garibaldi.
La veloce rovina della prima giunta di un capoluogo a 5 stelle sarebbe infatti una manna dal cielo per un Pd che deve andare al voto nel 2013 con l’ansia di perdere elezioni che gli parevano vinte.
E il Governo? figuriamoci. Al Sindaco bancarottiere di Catania Scapagnini bastava chiamare il Cavaliere per farsi dare un centinaio di milioni e mettere una pezza al bilancio. Mario Monti a Pizzarotti non risponderà neanche al telefono.
Né tantomeno può aspettarsi particolari appoggi da imprenditori, banche e movimento cooperativo, o solidarietà sul fronte delle sinistre antagoniste, dei centri sociali, dei sindacati e della Fiom.

Il vero banco di prova dei 5 stelle sarà dunque uno solo: la linea politica.
L’M5S deve decidere cosa fare da grande: proporrà (nel suo piccolo…) un modello di sviluppo alternativo al sistema di globalismo finanziario che ci sta uccidendo? E come lo coniugherà nella vita di tutti i giorni con i problemi del reddito, del precariato, della produzione e del lavoro?
Il problema è tutto qui. Ed è un gran problema. L’inizio, con l’immediato dualismo Pizzarotti/Beppe Grillo non fa ben sperare: se si avviteranno sulle procedure e sulle loro beghe interne faranno velocemente (e giustamente) una brutta fine, a quel punto amen.

Se invece sapranno veramente creare un laboratorio cittadino aperto ai saperi per provare a praticare un nuovo modello di sviluppo, la sfida diventerà estremamente interessante.
E porrà a tutti un problema: Adesso che si fa? Si sta alla finestra a guardare l’assedio o “vamos todos a defender la revolucion di Parma” ?

Paolo Soglia

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