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Diritti nel piatto. Francesca, addetta a cottimo alle pulizie in hotel

Bologna, 22 ott. – “Inizio alle 8.30 del mattino e ho mezz’ora per pulire ogni camera. Ma spesso dobbiamo aspettare perché i clienti non escono, così ci metto anche più di 30 minuti e il tempo in più non mi viene conteggiato, perché sono pagata a cottimo, per numero di camere”. Francesca (nome di fantasia) è un’addetta alle pulizie delle camere di un grande e importante hotel di Bologna. È una delle tante dipendenti di quel settore alberghiero. Il boom del turismo ha certamente creato migliaia di posti di lavoro negli ultimi anni, ma a quali condizioni? Spesso irregolarità e sfruttamento, in generale paghe basse. Il suo caso, infatti, non è isolato: “La storia di Francesca rappresenta la situazione tipo nelle strutture alberghiere di Bologna”, commenta Anna Maria Russo di Filcams-Cgil. Migliaia di lavoratori e lavoratrici, la maggior parte dei quali donne e molti stranieri, con stipendi che tra i 600 e i 1000 euro, da part time a full time. Lavoratori che perdono sistematicamente circa un terzo del proprio stipendio, perché “il tempo lavorato oltre quello prestabilito non viene mai riconosciuto”.

Francesca ha iniziato a lavorare 2 anni e mezzo fa con un contratto di apprendistato. Prima di lei per pulire una camera il tempo concesso era di 45 minuti, col tempo sceso a 30. Negli hotel il servizio di pulizia, oltre a quello di facchinaggio e frequentemente anche di ristorazione, è molto spesso esternalizzato. “Lavoriamo tramite agenzia e da loro riceviamo gli ordini”, spiega Francesca. Appalti brevi, che possono durare uno o due anni, finché non arriva una nuova agenzia, che né i sindacati né i lavoratori incontrano, avendo sede in altre città. In aggiunta, “lo stipendio arriva sempre in ritardo, le buste paga dopo mesi”, prosegue Francesca, perciò da quando sono state eliminate le tabelle orarie in busta paga può capitare che ai lavoratori non torni il conto degli straordinari fatti, non avendo una visione d’insieme di quante ore siano state pagate precisamente e a quali mensilità corrispondano. Una situazione che ha portato Francesca, dopo mesi di lamentele, a rivolgersi al sindacato, a differenza della maggior parte dei colleghi e delle colleghe che per paura di perdere il lavoro rimangono in silenzio.

Secondo Russo si parla poco delle condizioni professionali delle addette alle pulizie, dei camerieri e delle cameriere, dei facchini, “perché i lavoratori stessi hanno paura a denunciare la situazione, dunque c’è un problema ad intervenire perché non dicono la verità avendo paura di perdere il lavoro”. La Filcams-Cgil si ritrova così a gestire “queste vertenze alla fine, quando si va a recuperare quello che i lavoratori hanno perso, e solitamente sono i committenti a farsene carico perché le società scompaiono dopo pochissimo tempo”, dice Russo. Una quadro critico, che i sindacati hanno cercato di risolvere aprendo un tavolo con le istituzioni a livello locale, che “avrebbe dovuto coinvolgere le associazioni datoriali e gli istituti di vigilanza, ma che non è più proseguito”. A questo punto, taglia corto la sindacalista, è chiaro che “il problema non si vuole risolvere”.

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