Bologna, 17 mar.- Protagonista dell’ultima puntata di Boulevard è stato Graffiti-Arte e ordine pubblico (il Mulino).
Il libro racconta il movimento graffitista e la sua evoluzione, dalla New York dei primi ’70 fino ad oggi, e prova a inserirlo nella storia dell’arte contemporanea “ufficiale”, passando dal conflitto inevitabile che si è creato tra una forma di epressione illegale per natura, la street art, e l’autorità che difende l’ordine pubblico.
Il tema è quanto mai attuale per Bologna, alle prese con l’inaugurazione della mostra sulla street-art che da mesi suscita interesse e polemiche, moltiplicate ora dall’episodio della cancellazione da parte del writer Blu dei propri murales.
Ma cosa succede in città? La piccola guerra civile dei graffiti di cui si legge nell’introduzione è in pieno svolgimento e gli autori ci danno un’interessante chiave di lettura per capirne le ragioni.
Abbiamo da una parte l’arte ufficiale e le autorità di polizia e pulizia urbana, dall’altra i graffiti, “una generosa forma di espressione urbana al di fuori del contesto tradizionale dell’arte” dice l’autrice Serena Giordano, insegnante all’Accademia di Belle Arti di Palermo.
I murales opera dei writers, le tag, le scritte ripetute con la tecnica del bombing fanno parte di “un mondo molto ambiguo”, dice l’autrice, “quello della street art dove definire cosa è arte è solo una questione di categorizzazione da parte della critica, la differenza la fa lo sguardo, perciò l’unica definizione oggettiva di arte è che arte tutto ciò che viene considerato arte e sta nel sistema dell’arte”.
Il sociologo Alessandro Dal Lago, l’altro autore, spiega, a proposito di Bologna, che “Blu ha fatto un gesto politico che voleva mettere in discussione l’appropriazione dell’opera da parte di privati a scopo di una fruizione non gratuita, e quello che è successo a Bologna con l’aggravante della privatizzazione conferma il carattere esplosivo (per l’occhio) dei graffiti”.
Ma allora di chi era il murales di Blu?
Dell’artista, che ne ha rivendicato la paternità e il significato politico proprio cancellandolo? Dei cittadini del quartiere, che ora si vedono privati di quello che credevano ormai patrimonio collettivo? O delle istituzioni, che lo riconoscono come forma d’arte proprio nel momento in cui è stato scrostato e coperto? Se lo sono chiesto le persone che hanno assistito, chi arrabbiato, chi solidale e chi basito, all’opera di autocancellazione di Blu a Xm24.
La domanda a cui si tenta di rispondere nel libro è se la street art sta dentro o fuori il territorio dell’arte. “Diciamo – è la conclusione del volume – che l’arte ufficiale può solamente citare quela di strada, può appropriarsene o trasformarla, ma non sarà mai la stessa cosa. Infatti, non gode del privilegio della gratuità e del disinteresse, da cui in fondo deriva ogni innovazione nell’arte e nella vita”.
Il microfono aperto dopo l’auto cancellazione di Blu a Bologna.
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