Riccardo Carra (Turolla) mostra la pompa che sarà prodotta in provincia di Bologna
Bologna, 2 dic. – “Dovevamo scegliere tra lo stabilimento bolognese e quello slovacco, e la scelta è stata sofferta e discussa”. A parlare è Domenico Traverso, dirigente della multinazionale Danfoss. Traverso racconta una storia atipica, a tutti gli effetti un caso di delocalizzazione al contrario dall’est Europa alla provincia di Bologna. Una storia che insegna due cose. Primo: il costo del lavoro spesso non è l’elemento fondamentale nei ragionamenti (e nei conti) dei manager. Secondo: le produzioni a basso valore aggiunto faranno sempre più fatica a restare in Italia.
“Nel 2010 il cda del gruppo – racconta il manager – ci ha chiesto di razionalizzare e concentrare la produzione di pompe oleodinamiche ad ingranaggi in un’unica sede europa”. Slovacchia o Italia? Una scelta non facile visto che a Považská Bystrica, dove Danfoss aveva aperto una sede anni fa, il lavoro costa dal 35 al 50% in meno e per giunta la produttività è maggiore. “Eppure abbiamo valutato costi e benefici e scelto l’Italia, e in questo caso Castel San Pietro”. Merito dell’altissima specializzazione della manodopera locale e soprattutto merito della cosiddetta idraulic valley, il distretto bolognese che in pochi chilometri concentra l’eccellenza internazionale nel campo delle pompe oleodinamiche ad ingranaggi, il mercato dove opera Danfoss, presente in Italia con il marchio Turolla. Una concentrazione che permette di accorciare tempi e distanze nei rapporti con fornitori e subfornitori, di tenere i magazzini vuoti e, in sostanza, di tagliare i costi.
“In sei mesi abbiamo ottenuto tutte le autorizzazioni da un’amministrazione che ha parlato la nostra lingua e ci ha agevolato in tutto i modi – dice soddisfatto Riccardo Carra, manager Turolla che guiderà il nuovo stabilimento – Così abbiamo spostato la produzione dal vecchio stabilimento di Villanova a Castel San Pietro senza perdere un posto di lavoro, anzi nel futuro contiamo di espanderci”. Cosa succederà agli 80 operai slovacchi di Považská Bystrica? “Abbiamo trovato un’azienda di Piacenza, la Stm, che voleva espandersi all’est e che ha rilevato i nostri macchinari e ripreso la produzione – spiega Penelope Ferri, direttore del personale di Turolla – A tutti gli effetti l’impatto occupazionale del cambiamento in Slovacchia sarà ridottissimo”.
In realtà l’operazione del gruppo Danfoss è più complicata di quel che sembra. Il punto di partenza erano due stabilimenti che facevano le stesse cose in Italia e in Slovacchia: lavorazioni meccaniche e montaggio e collaudo. La multinazionale ha deciso di esternalizzare le lavorazioni, perché a basso valore aggiunto, e di consolidare il resto della produzione in una sola sede. Dopo due anni di studi e discussioni la scelta è ricaduta su Castel San Pietro che si occuperà di ricerca e sviluppo, vendita e assistenza e montaggio e collaudo. “Sono le attività dove pesa di più il know how del personale bolognese”, spiega Traverso che sottolinea la “razionalità economica, finanziaria e gestionale della scelta“. E così le tessere del puzzle sono andate ognuna al posto giusto. Da una parte Danfoss ha scelto la sua nuova sede “senza fare sconti a nessuno” e guardando al portafoglio, dall’altra nessun lavoratore ha perso il posto. Se la scelta fosse ricaduta sulla Slovacchia le cose sarebbero andate diversamente, perché non ci sarebbe stato spazio in Italia per le lavorazioni meccaniche. In quel campo il costo del lavoro più basso dell’est Europa avrebbe portato alla chiusura di tutte le attività bolognesi, a 100 nuovi disoccupati e, magari, a un ciclo di assunzioni a Považská Bystrica. Così non è stato, e il costo del lavoro italiano, anche se più alto, è stato compensato dal valore aggiunto del prodotto montato a collaudato a Castel San Pietro. Fatto 100 il costo complessivo di una pompa oleodinamica il peso della busta paga italiana è solo del 10%. A decidere è stata la competenza dei lavoratori e l’eccellenza di uno dei tanti distretti emiliani.
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