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Conti sfida partito e sindacati. San Lazzaro lascia l’Unione dei Comuni

Il municipio di San Lazzaro

San Lazzaro, 18 giu. – Mettere in rete alcuni servizi per spendere meno e rispondere con più efficacia alle richieste dei cittadini. Semplificando di molto è l’idea che sta alla base delle Unioni di Comuni. E così nel novembre 2014 anche San Lazzaro, centro di 30 mila abitanti a pochi chilometri da Bologna, si è associato ad una rete fatta dai comuni montani di Pianoro, Monterenzio, Monghidoro e Loiano, e a Ozzano. E’ l’Unione dei Comuni Savena–Idice, conosciuta anche come Unione a sei. Se i piccoli centri montani aveva già da tempo sperimentato il lavoro in rete, l’arrivo di San Lazzaro deve avere bloccato il meccanismo che fino a quel momento sembrava ben oliato. E così, sette mesi dopo aver aderito all’unione, San Lazzaro ha deciso di chiudere l’esperienza appena nata. Una decisione che arriva dal sindaco Isabella Conti, democratica da tempo sugli scudi dopo aver fermato la colata di Idice e preso le distanze dal sindaco di Bologna Merola sul tema dei finanziamenti ricevuti dalla coop Cpl Concordia, travolta da un’inchiesta sulla metanizzazione di Ischia. Mentre Merola diceva “non ho nulla da restituire” e chiedeva unità nel partito, Conti si smarcava, restituendo di tasca propria i 2 mila euro ricevuti della coop.

Ora arriva la decisione di uscire dall’Unione a sei, una mossa che ha motivi pratici, ma che va anche controcorrente rispetto alla linea tracciata da tempo dai vertici del partito. Lo stesso Bonaccini nello scorso gennaio aveva parlato delle unioni come del “minimo sindacale”. “Dobbiamo arrivare al 100% in Emilia-Romagna – aveva aggiunto il presidente della Regione – E le fusioni sono un obiettivo esplicito che vogliamo promuovere con ogni mezzo con incentivi per chi si fonde e penalità per chi non si associa”. Una linea oggi rimarcata dal Pd bolognese, che per mezzo del suo responsabile enti locali Sergio Maccagnani ricorda come in regione “il 90% dei Comuni gestisce funzioni e servizi attraverso le Unioni”, anche città di grandi dimensioni “come Cesena, Imola, Forlì e Lugo”. Un processo “avviato da diversi anni e che viene confermato come prioritario dalla Regione”. Nei prossimi giorni, fa sapere Maccagnani, è già un programma un incontro tra sindaci “per evitare l’uscita di San Lazzaro dall’Unione” e “non perdere il contributo regionale per le gestioni associate all’Unione Savena-Idice”.

“Difficile dire cosa non ha funzionato visto che non avevamo nemmeno attivato le convenzioni con gli altri Comuni”, spiega l’assessore di San Lazzaro Giorgio Archetti. Qualcosa però si può dire. “I nostri servizi sociali valgono da soli il doppio degli altri Comuni della montagna, mentre il peso di San Lazzaro nel consiglio dell’Unione dei comuni sarebbe stato uguale a zero. Dentro quel consiglio siamo equiparati a un piccolo centro come Monghidoro”. Sulla questione dovrà comunque esprimersi prima di agosto il Consiglio comunale di San Lazzaro. “Servirà una maggioranza qualificata, quindi anche il voto dei consiglieri dell’opposizione”.

Una decisione, quella dalla giunta del sindaco Isabella Conti, che ha anche sollevato le proteste dei sindacati. “Siamo sconcertati dalla decisione del sindaco – affermano Cgil, Cisl e Uil – anche perché il 9 giugno scorso abbiamo siglato un protocollo con Unione dei Comuni Savena-Idice su servizi e relazioni sindacali, in cui si affermava esattamente il contrario. L’accordo, infatti, prevede di rafforzare il ruolo delle Unioni’ poiché le stesse ‘possono rappresentare una vera opportunità per migliorare e omogeneizzare la gestione dei servizi e realizzare politiche innovative e importanti’;  a questo punto c’è qualcosa che non torna”. Un esempio di cosa può voler dire per un piccolo centro mettersi in rete con un Comune più grande lo fa Alberto Schincaglia della Cisl Area metropolitana bolognese. “Dal 2000 stiamo sperimentando la messa in rete delle risorse comunali per quanto riguarda il sociale. Pensi a un piccolo Comune di 1500 abitanti dove c’è un minore che deve essere inserito in una struttura. Il piccolo centro da solo non ce la potrebbe fare, attraverso una rete invece queste possibilità si creano, perché le risorse vengono messe in comune”.

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