6 mar. – Maltrattamenti, botte e molestie sessuali da parte del padre per oltre due anni e poi, nel 2005 e ad appena 19 anni, la fuga da casa della giovane che decide anche di denunciare il suo aggressore. La vicenda è avvenuta in un paese della zona pedecollinare della provincia, e ieri è stata rivissuta in un’aula del Tribunale di Bologna, dove è iniziato il dibattimento del processo che vede imputato l’uomo, impiegato oggi 52enne, di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale. Dalle testimonianze è emerso un quadro di incredibile violenza: oltre alla figlia (come comprovato da referti medici, insegnanti e compagni di classe della giovane, oggi 23enne), l’uomo picchiava la moglie (che però non lo accusa e sarà testimone della difesa nella prossima udienza) e anche i suoceri, costretti a cambiare casa per sfuggire alle aggressioni. Davanti ai giudici, l’imputato ha ammesso di aver picchiato la figlia in un’unico episodio (supportato dal certificato medico), ma ha negato tutto il resto, comprese le accuse di molestie e violenza sessuali. In quella occasione, si è giustificato, l’aveva picchiata con la cinghia perché “aveva perso il lume della ragione”: la ragazzina era “sleale” con lui, “mentiva sui voti, falsificava la firma degli insegnanti e usava troppo il telefono”. Prossima udienza del processo prevista alla metà di aprile.
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