Bologna. Migranti da tutta la regione in piazza contro razzismo e sfruttamento

Manifestazione a Bologna sabato 6 Aprile. Attacco al Comune,

Radio Città del Capo - Bologna. Migranti da tutta la regione in piazza contro razzismo e sfruttamento

Bologna, 4 apr. – Il Coordinamento Migranti Bologna ha indetto una manifestazione alle ore 16 di sabato 6 Aprile contro il “regime di razzismo e sfruttamento permesso dalla decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini e dalla sua “costante applicazione da parte di Comuni“, come quello di Bologna, che apparentemente si oppongono ad esso, ma nei fatti lo applicano alla lettera.

In piazza sabato non ci sarà solo il Coordinamento migranti, si vedranno anche associazioni di rappresentanza di migranti di varie nazionalità proveninenti da Bologna, Cesena, Modena. E ci sarà anche il sindacato SiCobas.  Al centro dell’azione c’è la ferma volontà di non sottostare più a un sistema legale e politico che “vincola i migranti all’interno di un circolo in cui il contratto di lavoro e il permesso di soggiorno sono reciprocamente indispensabili”.

I dinieghi infatti, spiega il Coordinamento, continuano ad essere emanati dalle commissioni in piena linea con la politica dell’attuale governo. Nonostante Bologna si sia espressamente dichiarata “città accogliente”, l’amministrazione continua ad applicare le disposizioni di Salvini negando l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e quindi l’accesso ai servizi base del welfare, a partire dall’accesso a un medico di base. E questo nonostante un tribunale, quello di Firenze, si sia già pronunciato sul tema dichiarando ancora possibile l’iscrizione all’anagrafe.

Secondo il Coordinamento quando si parla di migranti la situazione centrale e maggiormente problematica è quella delle persone che già da anni si trovano in Italia ma che non riescono ad accedere ad una condizione di “normalità” giuridica, a cui le commissioni continuano a negare i permessi (83% la percentuale di dinieghi, il dato di Febbraio 2019). Appoggiare il sindaco di Lampedusa a livello mediatico, dicono gli attivisti del Coordinamento,  “non è abbastanza”, “è necessario fornire la residenza attraverso la concessione dei permessi e l’iscrizione all’anagrafe”. Sono concreti gli esempi di città che già lo fanno (Palermo, Crema, Milano), seguendo la sentenza del tribunale di Firenze.

Altro problema poi il modo in cui l’attuale politica che cerca in tutti i modi di rendere “illegale” la condizione dei migranti, e “consente a cooperative, imprese e privati di sfruttare tale condizione in ambito lavorativo”. La connessione tra razzismo e istituzionale e sfruttamento è il nodo attorno a cui si gioca la partita; un campo esemplificativo è quello della logistica, in cui si sono verificati casi che evidenziano la precarietà cui sono costretti: la legge Salvini infatti ha reso reato la possibilità di scioperare davanti al luogo di lavoro attraverso il blocco stradale. Al di là di questo c’è sempre la legge Bossi-Fini, legge di cui si parla ormai poco ma che attraverso il reiterato controllo sui permessi di soggiorno da rinnovare relega i migranti a doversi adeguare alle condizioni di estrema precarietà che gli sono imposte: contratti di brevissima durata, salari bassi, spostamenti improvvisi da un magazzino ad un altro. In una parola, precarietà. Il datore di lavoro quindi, che va dalla grande azienda nel campo della logistica, a chi possiede terreni coltivati di frutta e verdura (il caporalato non è un fenomeno che si esaurisce ad agosto nelle campagne pugliesi), sono favoriti dal sistema politico e legislativo.

Nelle parole degli organizzatori infine emerge anche la preoccupazione e la rabbia nei confronti degli “episodi di razzismo istituzionale e non”, che trasformano quella che dovrebbe essere una condizione di insicurezza causata dai migranti in una condizione generale e perenne di insicurezza dei migranti stessi; di coloro che tutti i giorni si recano al lavoro senza essere sotto gli occhi dei riflettori. E l’ultima parola di Mohamed, che ricorda Mimmo Lucano come figura di riferimento e speranza, per un’idea di politica e accoglienza “diversa e possibile”.

di Francesco Dal Cerro