Arrestato per mafia il Presidente del consiglio comunale di Piacenza

Con lui misure cautelari per altre 15 persone. E’ l’operazione anti ‘ndrangheta Grimilde, che ha preso di mira il clan Grande Aracri

Radio Città del Capo - Arrestato per mafia il Presidente del consiglio comunale di Piacenza

In foto Giuseppe Caruso

25 giu. – C’è anche il presidente del Consiglio comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso, tra i destinatari delle misure contro presunti appartenenti alle famiglie di ‘ndrangheta legate ai Grande Aracri. Caruso, secondo gli investigatori della Polizia, sarebbe parte integrante dell’organizzazione criminale che operava tra le province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza e che aveva ai vertici soggetti considerati di primo piano come Salvatore Grande Aracri, Francesco Grande Aracri e Paolo Grande Aracri.

Le indagini nei confronti dei presunti appartenenti alle famiglie di ‘ndrangheta sono state coordinate dal Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia e condotte dagli uomini della Squadra mobile di Bologna in collaborazione con quelle di Parma, Reggio Emilia e Piacenza. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione di stampo mafioso, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata. Per eseguire le misure cautelari, in diverse città dell’Emilia Romagna, sono stati impegnati oltre 300 agenti.

Tra i sedici arrestati nell’operazione ‘Grimilde’ della Polizia, coordinata dalla Dda di Bologna, c’è anche il boss Francesco Grande Aracri, oltre ai figli Salvatore e Paolo. Francesco Grande Aracri, già condannato per associazione mafiosa, viveva a Brescello, in provincia di Reggio Emilia. Il Comune è noto, oltre che per i film su Peppone e don Camillo ispirati dai libri di Guareschi, per essere stato il primo in Emilia-Romagna che venne sciolto, a fine 2107, proprio le infiltrazioni della criminalità organizzata.

Giuseppe Caruso, il presidente del consiglio comunale di Piacenza arrestato nell’ambito dell’indagine sulla ‘ndrangheta in Emilia della Dda di Bologna, è un politico molto noto a Piacenza, dove da anni milita nella destra locale. Consigliere comunale d’opposizione dal 2002 al 2012 per Alleanza Nazionale prima e poi per il Popolo delle Libertà, è quindi entrato in Fratelli d’Italia. Presente a tutte le iniziative di partito, è uno dei volti più noti di Fratelli d’Italia, che oggi lo ha sollevato da ogni incarico. Caruso è separato e ha tre figlie, abita a Piacenza da più di 30 anni. Nel suo curriculum impieghi come consulente del lavoro, revisore dei conti, analista programmatore, infine dipendente dell’Amministrazione delle Dogane. Alle elezioni comunali del 2017, in cui poi vinse il centrodestra con l’attuale amministrazione Barbieri, ottenne 155 preferenze che gli permisero l’ingresso in consiglio comunale e di essere proposto da Fdi, che aveva ricevuto in giunta un solo assessore, come candidato alla presidenza del consiglio comunale. I fatti che gli vengono contestati risalgono a un periodo precedente a questa elezione.

La vicenda Roncaia Spa. “Io con Salvatore gli parlo chiaro, gli dico… Salvatò, non la dobbiamo affogare sta azienda, dobbiamo cercare di pigliare la minna e succhiare o no?“. Così si esprimeva Giuseppe Caruso, presidente del consiglio comunale di Piacenza, intercettato nel 2015 dagli investigatori coordinati dalla Dda di Bologna mentre parlava con il fratello Albino, anche lui arrestato. Secondo il Gip Alberto Ziroldi, che ha per lui disposto la custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, Caruso con quelle parole stava “illustrando in modo assolutamente genuino quale fosse il reale intento e scopo dell’organizzazione criminale nell’aiutare la società Riso Roncaia Spa”. In un altro passaggio dell’ordinanza, il giudice sottolinea come i fratelli Caruso abbiano fornito “in più occasioni la confessione stragiudiziale della loro appartenenza al sodalizio criminoso, comportandosi di conseguenza”. Secondo gli investigatori Giuseppe Caruso avrebbe svolto un ruolo da mediatore tra l’azienda e il clan, e poi avrebbe contribuito alle pressanti richiesta di tipo estorsivo nei confronti dell’azienda.

Le reazioni politiche. “Il coinvolgimento di Giuseppe Caruso, anche se non legato alla attività politica ma al suo ruolo di funzionario dell’Agenzia delle Dogane che fa capo al Ministero dell’Economia, ci lascia sconcertati. Confidiamo nel lavoro degli inquirenti, e auspichiamo che Caruso dimostri la sua totale estraneità in questa vergognosa vicenda. Ribadiamo con assoluta fermezza che in Fratelli d’Italia non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai spazio per nessuna mafia e per noi, come noto, chi fa politica a destra e tradisce l’Italia merita una condanna doppia. Anche per questo Fratelli d’Italia è pronta a costituirsi parte civile nel processo per difendere la sua immagine e la sua onorabilità. Finché non sarà chiarita la sua posizione, Giuseppe Caruso è sollevato da ogni incarico e non può essere più membro di Fratelli d’Italia”. Lo dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

“La lotta contro la criminalità e le infiltrazioni della malavita organizzata nei territori del Nord del nostro Paese non può conoscere alcuna tregua: l’operazione conclusa brillantemente dalla Polizia contro la cosca Aracri dimostra che la battaglia per debellare tutti i tentacoli malavitosi va perseguita sino in fondo. Voglio esprimere il mio ringraziamento ai magistrati e alle forze di Polizia che hanno scoperchiato le attività criminali che si erano radicate in alcune zone della mia Regione: a questa fondamentale attività di repressione dobbiamo affiancare un’opera costante di prevenzione e di sensibilizzazione sui territori per impedire ogni tipo di contaminazione mafiosa”. Lo afferma Paola De Micheli, vice segretario del Pd e originaria di Piacenza. “Per questo motivo – prosegue – è fondamentale continuare a lavorare, sia in sede parlamentare avvalendosi dell’importante lavoro d’inchiesta svolta dalla Commissione Antimafia, sia a livello locale beneficiando del forte impegno per la legalità, che ha sempre contraddistinto l’operato della Regione Emilia Romagna. Quanto al coinvolgimento nell’inchiesta di Giuseppe Caruso, esponente di Fratelli d’Italia e presidente del consiglio comunale di Piacenza, la mia città, è un fatto di grande gravità e una macchia per l’istituzione locale. Credo che la sua posizione sia incompatibile con il ruolo ricoperto e che debbano essere tratte immediate conseguenze politiche”.

“La sottovalutazione, per non dire altro, è l’arma più potente a disposizione della peggiore feccia che ci siamo ritrovati nel nostro territorio. Un plauso alla Dda di Bologna e ai poliziotti della Squadra Mobile di Bologna, Parma, Reggio Emilia e Piacenza per la loro azione decisiva e per l’impegno quotidiano nella lotta senza quartiere alla criminalità organizzata; forza, andate avanti”. Lo scrive la vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni (M5s) su Fb a proposito dell’arresto del presidente del consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso. “Questa nuova operazione – che ha riguardato varie regioni ed ha impegnato diversi inquirenti e forze di polizia – avviene ad appena 13 giorni dalla perquisizione della Guardia di Finanza negli uffici del Comune di Reggio Emilia (e in altri luoghi privati) ed alla contestazione a ben 15 indagati di gravi reati (corruzione, turbativa d’asta, irregolarità nell’affidamento dei servizi). La nostra amata Regione si è così vista infiltrata da ipotesi pesanti di malaffare e da affari collegati all’ndrangheta, a livelli di gravità inaudita stando alle prime risultanze investigative di queste nuove operazioni. Non dobbiamo mai dimenticarci che la sottovalutazione di tali episodi non ha scusante alcuna. Basta con la favola che gli emiliani avrebbero avuto gli anticorpi. Coloro che avevano la responsabilità di tutelare gli interessi pubblici non hanno portato il contrasto necessario ad episodi gravi, e sono dovuti intervenire i magistrati per operare le doverose indagini ai fini di trasparenza e correttezza dell’azione non solo amministrativa, ma anche della azione di una parte – per fortuna minoritaria- del tessuto economico”.