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Apicoltori, lavoratori invisibili. Conapi: “Sono il baluardo della salvaguardia dell’ambiente”

Bologna, 29 gen. – Sono “uomini invisibili”, del loro lavoro si sente parlare poco, più frequentemente si sente invece parlare del piccolo insetto con il quale hanno a che fare tutti i giorni. Sono gli apicoltori raccontati da Diego Pagani, presidente della più grande cooperativa di apicoltori europea, Conapi, nel libro Ritratti di gente invisibile (Pendragon). “Baluardo della salvaguardia dell’ambiente”, li definisce, sfatando prima di tutto “l’immagine impietosa” che spesso ne è stata offerta: “Una parte della ricerca dice che l’apicoltura professionale, da reddito, è responsabile della perdita degli altri impollinatori e la causa di questa perdita di biodiversità sarebbero gli apicoltori. Io ho fondati motivi per ritenere che le cause della perdita di molte specie, sia animali che vegetali, sia imputabile più che agli apicoltori all’inquinamento ambientale, in particolare quello da agrochimica”. Questa è la ragione principale della “grande difficoltà” in cui versa l’apicoltura da diversi anni, “un settore a rischio” sia a causa degli “interventi dell’uomo sull’ambiente, che dei tanto discussi cambiamenti climatici”.

Nel libro pubblicato per festeggiare il 40esimo anniversario dalla nascita di Conapi, Pagani ripercorre le vite di alcuni dei 600 apicoltori della cooperativa, legate a doppio filo a quella che lui definisce un’utopia. “Mi sono rivolto principalmente a quelli con cui sono più in contatto, però su 600 persone ci sarebbero 600 storie da raccontare“, precisa. Il loro lavoro segue il bioritmo dell’alveare, che qui è il vero animale allevato, e il ritmo delle api; le fasi di lavoro annuale e giornaliero sono perciò molto frenetiche, si inizia in primavera e si termina in autunno, dall’alba al tramonto. Si tira il fiato solo nei mesi più freddi, quando le api trascorrono la stagione con la famiglia e l’impegno principale dell’apicoltore è scaldare regina e alveare, mantenendolo alla temperatura di 20°. “Le api sono responsabili del 70% di quello che mangiamo ma non sono sostituibili, si occupano dell’impollinazione di 350mila specie botaniche. Non abbiamo la minima percezione di quello che potrebbe accadere andando a intaccare questi pilastri, per questo dobbiamo mantenere nel miglior stato di salute possibile questo ecosistema”.

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