28 dic. – Esiste un poeta (ma torneremo sulla definizione) che riempie club e locali con i suoi reading e ha un pubblico affezionato che lo segue da anni: si chiama Guido Catalano ed è stato ospite di Testate all’Etere, una delle trasmissioni che hanno rivoluzionato il palinsesto nella nostra ultima Campagna Abbonamenti: venerdì 18 dicembre Catalano era al Locomotiv Club e noi l’abbiamo intercettato per una chiacchierata a quattro, in cui Emanuele Rosso, Riccardo Tagliati e Francesco Locane hanno conversato con il torinese, cominciando dal suo rapporto col pubblico: “Quando non esisteva ancora internet, il reading su un palco, o palchetto, era fondamentale, l’unica possibilità per avere un contatto”. E il pubblico ama Catalano, lo definisce poeta, ma… “Io credo di essere un misto di cose, scrivo poesie, ma sulla carta di identità non ho scritto nulla: magari quando mi scade tenterò anche io di mettere questa indicazione. Performer è una brutta parola, attore è una bella parola, ma non credo di esserlo così come non sono cabarettista: insomma, è un casino“.
Il legame con la città di Torino è fondamentale: “Ci sono nato e vissuto, ma non ho mai scritto di Torino, tranne una volta, un anno fa: la poesia si intitola ‘A Torino non si scherza un cazzo’, che credo riassuma bene le cose. Torino è una città dura, fredda, FIAT-centrica, dove per anni non c’è stato nulla da fare. Adesso, rispetto ad anni fa, sembra Disneyland. In quella poesia si dice che chi riesce a Torino è facilitato nel resto del mondo”. E Bologna? “L’ho conosciuta grazie a Freak Antoni, che ha scritto l’introduzione al mio secondo libro di poesie, nel 2003: ho conosciuto la vostra città in quel periodo, ma ci passo spesso, ci sto bene“. Con Catalano abbiamo parlato di altre città, di musica (e le sue scelte vi stupiranno) e ovviamente d’amore, uno dei temi cardine delle sue composizioni. Una di queste è stata letta in onda: la potete ascoltare insieme al resto dell’intervista proprio qua sotto.
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