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Anche gli studenti in piazza, ma per gli universitari è flop

Bologna, 16 ott. – Non c’è stato solo lo sciopero della Cgil. In città avevano annunciato blocchi e cortei selvaggi anche gli studenti dei collettivi Cas e Cua. Ma se i medi del Collettivo autonomo studentesco sono scesi in strada in centinaia, e a tratti hanno anche bloccato il traffico dei viali come promesso alla vigilia del 16 ottobre, per gli universitari del Cua (Collettivo universitario autonomo, legato come il Cas al centro sociale Crash) si è trattato di un buco nell’acqua: poco l’interesse, pochissima la partecipazione. L’idea era quella di picchettare le aule di via Zamboni, cuore della zona universitaria, e poi da lì partire in corteo, magari per unirsi alla manifestazione degli occupanti di case organizzata da Social Log, o dare vita ad altre azioni. I picchetti effettivamente ci sono stati, ma hanno più volte ceduto di fronte alle insistenze dei numerosi studenti che hanno preteso di entrare. Tanto che i manifestanti sono stati costretti a chiudere direttamente le porte d’accesso al 38 di via Zamboni, sede della facoltà di Lettere. E quando si è trattato di “partire in corteo”, i numeri hanno reso impossibile qualsiasi azione collettiva realmente visibile.

Le voci degli studenti in via Zamboni.“Scioperare è giusto ma dovevano informare meglio. Molte persone non lo sapevano”. A parlare è Giulia del primo anno al Dams, che stamattina come molti altri ha trovato l’entrata di via Zamboni 38 chiusa. E, tra gli studenti rimasti chiusi fuori, ce ne sono anche di più critici. E’ il caso, per esempio, di Andrea che dice: “Dovevo andare a lezione, mi sono svegliato alle 6 per essere qui. Lo sciopero avrà sicuramente i suoi motivi ma bisognerebbe lasciare libero di andare a lezione chi vuole”. Sulla stessa lunghezza d’onda di Andrea c’è anche Chiara: “Bisogna sempre avere la possibilità di scegliere se aderire o meno”. Gioele, anche lui fuori dal portone del 38, non sa bene cosa pensare perché ammette di non essersi informato sui motivi del picchetto, ma si dice “un po’ scocciato” perché questa mattina, come altri, si era svegliato convinto di andare a lezione. Valentina invece approva la manifestazione e anche se non si è informata sulle ragioni del picchetto commenta: “Manifestare? perché no?”

“Voi mi private del diritto allo studio”, ha detto un ragazzo arrivato alle 8.40 al 38 di via Zamboni, facoltà di Lettere. “Il diritto allo studio ce lo hanno già tolto con il caro affitti e aumentando le tasse”, hanno replicato i manifestanti. Di discussioni del genere ce ne sono state a decine durante il blocco della didattica. Nulla di nuovo in circostanze del genere. Rispetto al passato però la distanza tra la manciata di studenti che per tre ore ore hanno tenuto i picchetti e i loro colleghi è stata evidente. C’è chi ha tentato di entrare scattando verso le porte, ed è stato fermato in extremis, chi invece è riuscito a passare. Attorno alle 8.40 la pressione si è fatta troppo alta, e i militanti del Cua hanno dovuto chiudere le porte del 38. Non è bastato, e alla fine il capannello di gente rimasto in attesa di fronte a Lettere si è sfoltito solo con l’intervento di una docente, che ha convinto i manifestanti a lasciare entrare chi doveva sostenere un esame. Dopo l’appello e l’entrata degli esaminandi via Zamboni è tornata quella di sempre, e di fronte ai picchetti alle 9.40 non c’era già quasi più nessuno con cui partire in corteo.

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