Bologna, 31 ott. – Cosa accadrebbe se il torrente Ravone esondasse? Le case e le scuole che si trovano in via Felice Battaglia, via del Genio e via del Ravone sarebbero invase dall’acqua. Lo dice uno studio realizzato da Arpa nell’ottobre del 2013.
Il torrente Ravone è uno dei rii che dalle colline a sud di Bologna scendono verso la città. Ravone, Aposa, Meloncello, San Giuseppe: di loro in città è rimasto solo il nome nella toponomastica. Nel Novecento, infatti, la maggior parte dei loro alvei sono stati tombati: le esigenze di espansione edilizia unite a quelle sanitarie hanno portato alla copertura di questi corsi d’acqua. Che però sono tuttora presenti, e continuano a scorrere sotto strade, case, scuole, nascosti da qualche decina di centimetri di cemento armato. Un esempio: via Felice Battaglia (foto sotto) è costruita sul corso del Ravone.
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In tempi di cambiamento climatico, e di conseguente estremizzazione delle precipitazioni, le flash flood (le alluvioni lampo) sono divenute più frequenti. Con i risultati che tutti conosciamo (vedi Roma, Genova, ecc..) Come fare a prevenire i danni e le morti, ci si chiede sempre nei giorni immediatamente successivi le emergenze, salvo poi scordarsene nel giro di poche ore?
E’ con questo obiettivo che Arpa ha deciso di studiare quali effetti potrebbe avere l’esondazione del torrente Ravone. Lo studio è stato ultimato nell’ottobre 2013 ed è stato presentato al Comune di Bologna, con allegata una proposta: creare un sistema di rilevazione automatica del livello dell’acqua che, in caso di superamento di un certo limite, avvisi automaticamente la popolazione che, preventivamente e adeguatamente informata, possa mettersi in salvo nel più breve tempo possibile.
“Il nostro non è allarmismo” afferma Federico Grazzini, uno dei tecnici di Arpa che ha curato lo studio. “Siamo convinti che l’informazione della popolazione sia fondamentale. La gente deve sapere che vive nell’alveo di un fiume. E quali sono i rischi”.
Lo studio di Arpa è diviso in due parti: prima una analisi storica degli eventi alluvionali che hanno interessato il torrente Ravone; poi una proiezione degli effetti che potrebbero avere “piogge di eccezionale entità ma pur sempre possibili e già verificatesi in passato“. Andando indietro negli anni, Arpa ha scoperto che già nel 1932 il torrente Ravone straripò, sommergendo quello che al tempo era una zona non molto abitata, e provocando, oltre a molti danni, anche un morto. Anche nel 1955, nel 1999, nel 2002 e nel 2013 ci sono state abbondanti piogge che hanno causato localizzate tracimazioni, con i conseguenti danni nelle zone della città coinvolte.
Lo studio di Arpa simula gli effetti di una precipitazione che porti 70 mm di pioggia in 2 ore. Per avere un’idea della dimensione, nel 1932 cadderò 134 mm di acqua in 2 ore; a Parma, ad inizio mese, sono caduti 300 mm di acqua nelle 12 ore; sul Santerno, a settembre, sono caduti 154 mm di pioggia in 6 ore. A fronte quindi di una tale massa d’acqua è molto probabile che il corso del Ravone intubato non riesca a farla defluire completamente e che quindi una parte esca dall’alveo e inondi le zone circostanti. Come si vede nell’immagine sottostante, l’acqua fuoriuscita dal Ravone potrebbe coprire un’area piuttosto vasta, compresa dal punto di inizio del tratto tombato (al civico 20 di via di Ravone) fino a via Saragozza. In alcuni punti l’acqua potrebbe raggiungere anche alcuni metri di altezza.
Come fare a prevenire? Da un lato, dice Grazzini, bisogna “curare il bacino”, pulendo l’alveo e verificando la stabilità dei versanti per evitare che eventi franosi possano intralciare il flusso della acque. Inoltre, Arpa propone di estendere questo studio a tutti i corsi d’acqua che scendono dalle colline verso la città, e di predisporre sistemi di allerta della popolazione predisponendo piani di evacuazione in caso di calamità.
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