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Aeroporto di Bologna. Tra gli esposti al rumore più farmaci e visite mediche

Bologna, 26 nov. – Nella popolazione più esposta al rumore prodotto dall’aeroporto Marconi di Bologna si registra un maggior consumo di farmaci ed un maggior ricorso a visite e prestazioni otorinolaringoiatriche. E’ la fotografia scattata dall’indagine sanitaria realizzata dall’unità di Epidemiologia dell’Ausl in collaborazione con la facoltà di Scienze statistiche dell’Università. I risultati sono stati presentati stasera con un incontro pubblico organizzato nella sala del Consiglio del quartiere Navile.
L’obiettivo dell’indagine era identificare il “profilo di salute della popolazione residente in prossimità dell’aeroporto”, spiega il direttore della dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl, Paolo Pandolfi, illustrando i dati.
In pratica, l’Ausl è andata a “vedere cosa succede in una popolazione di piccole dimensioni esposta al rumore- spiega Pandolfi- rispetto ad un’altra popolazione meno esposta ma che presenta caratteristiche sociali, culturali, economiche e di contesto abbastanza simili”, cosi’ da verificare “se c’è una differenza in termini di stato di salute”. La popolazione di studio riguarda i residenti tra l’1 gennaio 2013 e il 31 dicembre 2016 in due zone: quella all’interno della “linea isofonica” di 50 decibel nella mappa acustica prodotta dal Marconi (28.974 persone coinvolte); quella all’interno dell’area definita dalla zonizzazione acustica, dalla zona “C” limitata alle sole attività aeroportuale alla zona “A” dove ci sono anche comparti residenziali (13.422 persone coinvolte). La popolazione scelta per il confronto, invece, è quella dei residenti (stesso periodo) nel quartiere San San Donato-San Vitale (circa 80.000 persone coinvolte).
Su queste basi, tutte le analisi hanno evidenziato che i residenti nell’area di studio “hanno fatto un maggior ricorso a visite e prestazioni otorinilaringoiatriche, quindi- spiega Pandolfi- c’è un maggior consumo di questo tipo di servizio rispetto a quelli del San Donato-San Vitale”.
Inoltre, i dati “mostrano anche un maggior numero di soggetti che utilizzano farmaci- continua Pandolfi- per disturbi correlati all’acidità gastrica, anti-ipertensivi, per le malattie ostruttive delle vie respiratorie, sedativi-ansiolitici-antidepressivi“. Questo precisando che tanto le visite quanto i farmaci, sottolineano Pandolfi “non ci indicano qual è la patolgia, però si avvicinano ad alcune patologie”.
Altra precisazione da fare, per Pandolfi, riguarda anche il fatto che quello condotto è “uno studio descrittivo, non è uno studio che valuta il nesso causale tra l’agente e il nesso di salute”, tema su cui per l’Ausl esiste già una sufficiente letteratura scientifica. In conclusione, “non emerge una particolare urgenza o emergenza”, dichiara il dirigente dell’Azienda sanitaria, ma “per noi è molto importante che questo sia un punto di partenza” per ulteriori approfondimenti e soprattutto per capire quali azioni “operative possono aiutare a dare una risposta concreta” (fonte agenzia Dire).

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