Adattamenti. Vaia, l’anno dopo tra legname tagliato, bostrico e semi che germogliano

Con Giorgio Vacchiano (ricercatore Statale), Mario Broll (Direttore Ripartizione delle Foreste dell’Alto Adige) e Michele Lapini (fotoreporter) abbiamo fatto il punto ad un anno dalla tempesta che ha devastato le montagne di Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli

Adattamenti. Vaia, l’anno dopo tra legname tagliato, bostrico e semi che germogliano

Tra il 26 e il 30 ottobre del 2018, il ciclone Vaia si abbatté sulle zone montane di Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli Furono milioni i metri cubi di acqua che caddero dal cielo accompagnati da venti fortissimi, con velocità che superarono i 200 km orari, che lasciarono dietro di sé morte e distruzione. Oltre 42 mila furono gli ettari di foresta  abbattuti dalla furia del vento.

Ad un anno di distanza da un evento atmosferico eccezionale che ha segnato e segnerà ancora per decenni il territorio, abbiamo fatto il punto con Giorgio Vacchiano, ricercatore in selvicoltura all’Università Statale di Milano. “Circa un quarto o un quinto dei boschi abbattuti sono irraggiungibili e non potranno essere liberati dagli alberi caduti” dice Vacchiano. Rispetto al rimboschimento, secondo Vacchiano alla fine solo un quarto, circa 10 mila ettari, verranno rimboschiti, un po’ per ragioni di costo (il rimboschimento costa, in media, circa 5 mila euro a ettaro), ma soprattutto per ragioni ambientali. “Sarà la natura a fare il suo corso” conferma Mario Broll, direttore della Ripartizione delle Foreste della provincia autonoma di Bolzano: “Nei primi anni vedremo crescere maggiormente le latifoglie e poi, nei decenni successivi ricompariranno le aghifoglie”. In Alto Adige si è proceduto a ritmo serrato con l’esbosco: dei 5918 ettari di foreste altoatesine colpite dai crolli, circa i due terzi sono già stati puliti: il legname prelevato, un milione di metri cubi, è già stato venduto, quasi interamente ad aziende che operano in un arco di massimo 200 km. “Entro la fine del 2020 dovremo riuscire a pulire tutti i boschi accessibili” spiega Broll. C’è fretta di finire, tempo permettendo, perché non sono tanto i possibili incendi a spaventare gli altoatesini, ma bensì un minuscolo insetto, il bostrico, che in determinate condizioni climatiche può proliferare e, oltre a cibarsi del legno morto, potrebbe attaccare anche gli alberi ancora in piedi.

Nel podcast anche una nuova puntata di Pensatech, a cura di Damiana Aguiari, e di A nessuno piace caldo, a cura di Valeria Barbi.