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Adattamenti. “Sta riaffiorando l’odio del fascismo. Vogliamo anni ’20 diversi da quelli del 1900”

27 gen. – “I professori non potevano più insegnare, i bambini non potevano più andare a scuola, veniva tolta la possibilità di andare nei luoghi pubblici, nelle librerie, nelle biblioteche. In nessuna misura stare all’interno di una società nella quale eri nato come italiano ma avevi la colpa di essere ebreo“. Questa fu la premessa della Shoah, come racconta Davide De Paz, il presidente della Comunità Ebraica di Bologna. “Racconti e storie, dove ogni storia ha al suo interno una tragedia”, quella di chi fu preso, strappato e trasferito nei campi di sterminio, di chi ebbe la fortuna di tornare a casa e il coraggio di raccontare e di chi riuscì a scappare e sottrarsi dalla cattura, soffrendo, passando da casa a casa, di città in città. “Così è stata – racconta – la storia della mia famiglia, dei miei nonni, di mio padre, dei miei zii, che si sono spostati sull’Appennino tosco-emiliano per scappare alla cattura e al regime nazi-fascista”.

Ricordare la Shoah il 27 gennaio, la Giornata della Memoria (istituita nel 2000 con la legge 211) per il presidente della Comunità Ebraica bolognese è “un risultato, ma non un punto di arrivo”. Perché la memoria va difesa oltre le cerimonie di un singolo giorno: “Dimenticare i contenuti della memoria è un tema presente. Lo stesso odio e propaganda degli anni in cui l’Italia ha fatto correre quelle leggi che chiamiamo ‘antiebraiche’ e che hanno generato una trasformazione della quotidianità, stanno riaffiorando nel nostro tessuto sociale, l’episodio di Mondovì è l’espressione chiara di come oggi ci si possa permettere di riattuare un linguaggio proprio delle leggi antiebraiche“, commenta. Lo è anche la citofonata del leader leghista Matteo Salvini alla porta di una famiglia di origini tunisine, per chiedere se nella loro casa si spacciasse, a pochi giorni dalle elezioni regionali.
“Questi atteggiamenti non possono essere accettati. Queste modalità comunicative di propaganda non devono essere proprie degli anni 20 del 2000. Vogliamo anni ’20 che non siano in nessun modo simili a quelli del 1900″.

Il podcast completo della puntata:

Roberta Cristofori

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