La tempesta di vento che alla fine di ottobre ha investito l’arco alpino ha causato il crollo di milioni di alberi nelle foreste di Veneto e Trentino. Circa il 3% di un patrimonio secolare è caduto nel giro di poche ore a causa del vento fortissimo e del fatto che le raffiche sono arrivate dopo giornate di piogge intense e in assenza di temperature molto fredde. Nei primi giorni dopo la distruzione, si sono letti appelli a fare in fretta, a togliere al più presto gli alberi schiantati per evitare da un lato che in primavera si verifichino incendi e soprattutto che si perdano milioni di euro di valore. Secondo Giorgio Vacchiano, ricercatore in selvicoltura dell’università Statale di Milano ed esperto di gestione sostenibile delle foreste, è opportuno che si agisca diversamente a seconda del luogo in cui si va ad operare. Quel che è opportuno fare in un luogo (ad esempio rimuovere tutto il legno caduto) non è detto lo sia in un altro. Sopratutto se l’obiettivo è la pronta ricrescita del bosco: “Sulle Alpi di alcuni anni si registra un sovraffollamento di cervi. Nei boschi in cui si notano già delle giovani piantine tra i grossi tronchi caduti, rimuovere questi ultimi potrebbe esporre le giovani piante ai cervi. Quindi, per salvare le giovani piante, in quel caso è meglio lasciare lì gli alberi caduti che impediscono l’ingresso nel bosco ai cervi” è il ragionamento di Vacchiano che più che dagli eventuali incendi è preoccupato dal possibile proliferare degli scolitidi, insetti che si cibano di legno che si potrebbe verificare nelle zone colpite dagli schianti e da lì andare ad intaccare foreste sane. Insomma, bisogna ragionare di soluzione ad hoc per ogni luogo.
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