Adattamenti. Bioplastiche nell’umido? C’è chi dice no
Bioenergia Trentino ed Ecocenter Bolzano consigliano ai cittadini di buttare le bioplastiche nell’indifferenziato e non nell’umido, ma secondo Assobioplastiche devono essere gli impianti ad adeguarsi

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14 nov. – Le bioplastiche non vanno gettate nell’umido. Lo dicono Bioenergia Trentino ed Ecocenter Bolzano, che ogni giorno fanno i conti con la contaminazione dell’organico nei loro impianti. Anche se i sacchetti delle verdure, le borse della spesa, i piatti e i bicchieri sono biodegradabili, non significa infatti che siano compostabili. E anche se lo fossero, i tempi di degradazione non sono sempre funzionali alla produzione del compost e al trattamento del rifiuto organico. Che fine fanno quindi le bioplastiche che acquistiamo a caro prezzo? In questi impianti “il prodotto non viene compostato ma separato e bruciato”, spiega l’iuno di natura tecnica, ovvero che “i materiali sono dichiarati compostabili in determinate condizioni e tempi ma gli impianti all’avanguardia non riescono a degradarli nei tempi indicati dalla certificazione di compostabilità”, perciò la parte che passa nel circuito dopo la pulizia in testa, si ritrova in coda; e uno legato al circuito della raccolta: “Non si possono risolvere i problemi ambientali sostituendo la plastica con un altro materiale, perché bisogna puntare sull’eliminazione dell’usa e getta”. In questo senso, la tassazione sulla plastica non farà altro che aggravare il problema, perché “tutti vireranno su materiale alternativo, mentre bisognerebbe eliminare e ridurre la produzione dell’imballaggio” puntando sul riutilizzo.
Sebbene le bioplastiche rimangano una scelta migliore della plastica, in quanto almeno abbandonate in ambiente si degradano, rimane da capire come debbano gestirle gli impianti. Chi le produce, come
Roberta Cristofori