È morto Remo Girone, il volto indimenticabile de “La Piovra”: ritratto di un protagonista della TV e del cinema italiano

Remo Girone

Remo Girone (Wiki) - Radiocittadelcapo

Si è spento Remo Girone, attore potente e intenso che con il ruolo di Tano Cariddi ne “La Piovra” ha segnato l’immaginario collettivo. Una carriera lunga decenni tra teatro, cinema d’autore e serialità che ha cambiato il modo di raccontare l’Italia sullo schermo.

Dagli esordi alla consacrazione: l’uomo di teatro diventato icona televisiva

Remo Girone apparteneva a quella generazione di interpreti che hanno fatto del teatro la palestra definitiva: voce scolpita, tempi perfetti, un senso del ritmo che sul palcoscenico si traduceva in presenza magnetica e, in macchina da presa, in una recitazione misurata ma capace di lasciare il segno. Prima di diventare popolarissimo, ha attraversato anni di palchi, tournées e set in cui ha affinato la sua arte, costruendo quel profilo di attore “pieno” in grado di reggere il primo piano e, allo stesso tempo, di ascoltare i partner di scena con generosità professionale.

Il salto nella memoria collettiva arriva con “La Piovra”, la saga televisiva che ha ridefinito lo standard del poliziesco italiano. Nel ruolo di Tano Cariddi, Girone ha plasmato un antagonista complesso, lontano dalla caricatura: freddo, calcolatore, ma guidato da una logica interiore ferrea. La sua interpretazione, fatta di sguardi trattenuti e parole pesate, ha permesso al pubblico di intravedere il sottotesto di un potere oscuro che dialogava con l’attualità. Non era soltanto il villain della serie: era il volto di una stagione in cui la fiction italiana imparava a misurarsi con il realismo, senza compiacimenti e senza semplificazioni.

Quel successo non lo ha mai imprigionato. Girone ha continuato a muoversi tra cinema e televisione scegliendo progetti diversi, dall’autorevole partecipazione ai film d’autore alle grandi produzioni popolari, mantenendo costante la qualità dell’interpretazione. La sua era una recitazione riconoscibile ma mai uguale a se stessa: bastava un’inflessione della voce o una pausa più lunga per spostare il baricentro emotivo di una scena. È il segno degli attori che non riempiono, ma scolpiscono lo spazio in cui si muovono.

Stile, eredità e ciò che resta: una lezione di misura e intensità

In un’epoca di ritmi veloci, Remo Girone ha praticato l’arte della misura. Non c’era ostentazione, c’era costruzione: personaggi stratificati, psicologie leggibili ma mai gridate. La sua forza stava nel dettaglio: un sopracciglio che si solleva, un accenno di sorriso che non arriva alle labbra, una battuta pronunciata mezzo tono sotto. Tecnica, certo, ma anche una rara capacità di ascolto della scena, degli attori attorno a lui, del silenzio. Per questo registi e colleghi lo hanno considerato un riferimento affidabile, un professionista che portava sul set rigore e umiltà, senza perdere l’istinto creativo.

L’eredità di Girone non è solo in un personaggio-simbolo o in una filmografia corposa, ma in un’idea di mestiere: preparazione, disciplina, cura del testo e rispetto del pubblico. In un panorama in cui la risonanza mediatica spesso supera la solidità del lavoro, la sua parabola ricorda che la credibilità si costruisce per sottrazione, scegliendo quando alzare il volume e quando abbassarlo. Il successo di Tano Cariddi è stato il punto più visibile di un percorso più ampio, che ha contribuito a dare profondità e dignità alla serialità italiana, ispirando generazioni di attori e sceneggiatori a non accontentarsi dell’ovvio.

La notizia della scomparsa tocca non solo gli appassionati di una grande stagione televisiva, ma tutti quelli che hanno incrociato il suo lavoro: spettatori, colleghi, studenti delle accademie che hanno studiato i suoi tempi e la sua gestione della camera. Restano le immagini, le battute, i silenzi che dicono più delle parole. Resta soprattutto un modo di essere attore che non passa di moda: autorevolezza senza clamore, intensità senza eccesso, verità scenica costruita giorno per giorno, copione dopo copione.

Salutare Remo Girone significa ringraziare una carriera esemplare e riconoscere quanto la televisione e il cinema italiani gli devono. Le sue interpretazioni continueranno a vivere nelle repliche, nelle piattaforme, nelle clip che circolano e che riaccendono emozioni. È il privilegio raro concesso a chi, come lui, ha lasciato un’impronta: attraversare il tempo restando presente, perché i personaggi che ha interpretato parlano ancora alla nostra idea di giustizia, di potere, di ambiguità umana. Addio, Maestro: la scena è più scura, ma la tua luce resta.

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